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18 dicembre 2008

Il mio ragno e Ulisse


Vorrei cominciare da quella notte nella quale il ragno che viveva con me, decise che era inutile aspettare Ulisse perché non sarebbe mai più tornato. Se ne andò e lascio la sua tela incompiuta .

Rimasi ancora un giorno e una notte a vegliare col naso all’insù. quel dolce talamo di seta pronto per la morte.

Una morbida melica mi accompagnava sui fili di seta dove raccolsi notizie di te, dove pensai che forse eri andata via con il suo Odisseo e avevi scelto chissà quale scoglio per naufragare, e che forse saresti tornata portata dalla prima marea del Mare della Tranquillità, con un abito bianco e una rosa appassita sul seno, magari annegata dall’ultimo rimorso rimasto nella credenza.



La mia finestra era senza vetri, per non fermare il vento; ed erano passati 100 giorni senza sogni e 100 giorni senza te. Il vento passava e non portava mai il tuo nome.

Forse era estate quando trovai il nuovo amore. Forse era estate quando sparsi le tue ceneri sulla neve che scendeva. Forse era estate quando Ulisse torno e non trovò più mio ragno sulla sua tela. E insieme abbiamo pianto.

09 novembre 2008

Nel vuoto


La strada era vuota, ricordava il mio cuore; piena di manifesti strappati che lasciavano leggere solo alcune frasi qua e la, e spazzata da un vento caldo che portava il giro foglie e polvere.
Sentivo ancora nella mano il peso del silenzio, il peso di quel giocattolo con la bocca di fuoco.
Non riuscivo a scappare da nessuna parte; conoscono le tue paure e ti lasciano sempre un nome e un indirizzo dove confondere il dovere con la morte. Quel nome era scritto su un citofono, a penna, dove la pioggia lo aveva fatto "sbavare" e diventare nebbia. Inutile cambiarlo: nessuno oltre me avrebbe mai suonato a quel campanello.
Sopra, al primo piano di quel fatiscente palazzo che aveva visto giorni migliori, non mi attendeva nessun sorriso, nessun convenevole, solo domande precise che aspettano risposte fatte di monosillabi: risposte che si devono dare senza esitazioni, davanti ad occhi attenti al tuo sguardo e ad ogni piccolo silenzio inutile.
Non esistevano domande comuni alle quali potersi preparare davanti ad uno specchio, non c'erano certezze o soluzioni: il gioco era sempre difficile e lento, fatto di movimenti controllati e accorti, una partita a scacchi dove non ci sono regole scritte: solo convenzioni e taciti accordi che il tempo ha mutato in regole.
Mi aprì la porta la solita persona che altre volta aveva coperto le ultime ore di quei giorni concitati. Seduta su un lurido divano di pelle c’era una ragazza che non avevo mai vista e che alzando lo sguardo accennò a qualcosa che poteva sembrare un sorriso. Era così bella che stonava con tutto il resto. L’unica domanda che mi venne alla mente era perché fosse lì. Il televisore era acceso e lei era in attesa, come se dovesse parlare un oracolo.
L’uomo mi consegno un portafogli con dentro del danaro, una patente, un documento d’identità e alcuni altri inutili biglietti: era l’ultima speranza, l’ultimo spiraglio di luce.
….

31 ottobre 2008

Giorni rossi




Si usano sempre le stesse parole
quando scende il silenzio nel cuore.
Sono lente, salate. segnano il viso, lo trasfigurano.
Non si dimenticano più i nomi.
Ho atteso per troppo tempo una bugia per piangere
prima di scendere i gradini di questa scala
che porta alla disperazione;
il mio tempo presto finirà e tornerò a casa,
tra quelle stanze piene di sorrisi e risate.
Ho voglia di un silenzio che non dica nulla,
di una nenia per dormire, acqua che lavi via il tuo odore.
Non ho potuto scegliere nemmeno l'orizzonte;
solo il tonfo della solitudine dentro al giorno.

27 ottobre 2008

Senza titolo

Entri in auto. Un saluto, una carezza, infili un cd dei Talking Heads, sorridi e mi dici: "Ti piacciono? Li conosci vero". Ascolto cinque secondi e ti rispondo: "A clean break. I Talking Heads!" Arriva un bacio.

Penso a come accadono le cose, con che velocità ti portino lontano dal passato.
Non sono ancora abituato al tuo nome, ma mi arriva sulle labbra da solo, senza cercarlo. E mi parli di continuo, non smetti mai. Sai cosa dire al mio cuore, senza pensare alla notte che verrà. La musica va avanti, ci accompagna in un altro bacio.

Poi mi guardi, mi prendi la mano e sussurri:
- "Fermati... non si può fare l'amore guidando."

25 ottobre 2008

La finestra sul mare.



Segui i miei gesti nell'aria,
lo spazio è scritto dai tuoi passi.
Cosa cerchi nel baule dei ricordi?
Ho solo frenetiche mani, parole usate,
foto ingiallite, qualche promessa dimenticata,
l'ultimo nome che ho dato all'amore,
e un cimitero di sogni.
Ma tu sai sorridere di tutto,
anche della mia nuova canzone.
Ho comprato una finestra sul mare,
per parlare con te nei giorni di pioggia,
ti ho lasciato entrare dalla porta del silenzio
e mi hai chiesto di pensare a domani.
Scegli un nome per te.

24 ottobre 2008

Poetatio vomitandi (cum laude deterioribus)

Assolutistica e parzializzabile
l'emancipazione idiomatica
e idiometrica della sequela
e della allitterazione
nonché della consecutio temporum,
si ammandrappano,
svelandosi nella dominante crominabile
e nella parzializzazione parallela,
come rimbrotto unisettico.
Come disse Winnicott Winthrop:
Non separiamo la paritetica protomia dalla esegetica silloge della sinossi!

23 ottobre 2008

Collimazione emozionale ( non sublimata)


Aggregando le displasiche massificazioni,

conglobiamo le riconducibili dismorfie

e limitiamo sessioni asfittiche

anche se mai ellittiche.

Compresi in osmotiche compressioni,

flettiamo pragmatismi oculati,

in acetaboli svuotati,

posponendo assolute

vestibolazioni ,

che tu non trovi deprecabili.

Quali ragioni apporre

nella posposta notte

dei gargoil assonnati?

Enunciami

nelle tue presentabili scuse,

coincidendo con la presenza

erinnica.


(In memoria di Winnicott Winthrop, onanista convulsivo, coprofago benemerito dell'università del Minnesota e del Minnesopra. R.i.p.)

22 ottobre 2008

Nemmeno il tempo



Non hai chiesto permesso
e sei dentro a un nuovo giorno,
tra un pensiero e una promessa,
coi tuoi occhi prepotenti che mi guardano dentro.
Nemmeno il tempo per piangere
e son volato via con te.
Forse i silenzi non mi bastavano più
e le tue parole sono la verità.
Nemmeno il tempo per pensare a ieri
e mi hai regalato il tuo nome.
Forse le notti sono troppo brevi
e confondono le ombre.
Nemmeno il tempo per dimenticare
e sei accanto a me.

21 ottobre 2008

L'ultima voce della notte


Dove porterò tutta la mia tristezza
quando sarà sbiadito il ricordo?
Troppe immagini peseranno sui tuoi occhi
per lasciare di me qualche colore,
troppi suoni urleranno dentro alle tue orecchie
per riconoscere la mia voce che ti chiama.
Ma non andrai mai più via
perché nessuno va via dal cuore.
Scriverò sui muri le mie poesie,
dove tu sei ancora lì che mi sorridi
e mi chiedi un'altra vita,
un altro sogno.
Forse mi basterà morire.

17 ottobre 2008

I domani venduti


Non ho il tempo per amare il vuoto;


ho solo bisogno di muovere le prospettive del mio silenzio.

Sussurravi i sorrisi e li scambiavo per abitudine,

morivi tra i miei pensieri

e non mi sono accorto che potevo dargli un nome,

uno qualunque,

un nome che assomigliasse ad amore.

Ma non ho più tempo per girarmi indietro

e sperare di vederti arrivare con un bacio

nascosto sulle labbra.

Non occorre mai troppo tempo per amare ;

esistono i domani che tu puoi solo inventare

ma che hai venduto al dolore.

16 ottobre 2008

Il libro dei nomi

Non devo più raccontarti nulla di me.
Sai tutto quello che devi.
E' che sono così pieno di vuoto quando non ci sei.
Non saprei dirti nemmeno chi sono;
nessun specchio riflette più la verità
e ogni giorno sarei pronto per partire.
Eppure i segni del passato li conosco,
li ho dentro al libro dei nomi, dove dorme la gioia,
dove la dedica è scritta con l'ultimo sguardo.
Non abbiamo avuto nemmeno un posto per piangere.
C'era il sole, una stazione e un nome da chiamare
ma hai scelto ancora tu.
Sono quello sbagliato,
impossibile,
da dimenticare in un fine settimana qualunque,
tra le candele di un compleanno.

14 ottobre 2008

Nessun nome


Lasciano il segno,
tagliano il viso,
sono lacrime di ghiaccio
che non hanno il coraggio di scendere.
Non ho più nessun nome se tu non mi chiami.
Il silenzio che taglia
lascia il segno,
tra un un secondo e una vita.
So inventare i tuoi domani.
Fuggi da te,
da un amore che fa troppa paura
ma che non muore mai.
Cento gocce di passione
sono il gusto del veleno,
puro e nero come la notte che avvolge
una nuova vita.
Freme,
suona la catena
che mi chiude dentro
la solita musica vuota.

12 ottobre 2008

PASSATEMPI

Le incontri,

le conosci,

ti regalano emozioni e pensieri nuovi

e credi sia la realtà.

Le persone che giocano.

Hanno bisogno di te,

dei tuoi rimproveri,

delle tue certezze,

dei tuoi errori ,

del tuo corpo,

delle tue idee,

della tua straordinarietà,

del tuo modo speciale di essere.

Poi l'abitudine.

Poi il deja vu.

Poi l'aver conosciuto.

Poi tutto

diventa cosa comune,

ordinaria, banale e conosciuta.

Le persone che usano le parole,

per usare te.

La noia che affligge chi gioca

e non si appassiona.

Passatempo.

Parcheggiami qui,

pago io.

Grazie del tuo sorriso.

Raccontami ancora

le tue bugie,

ho voglia di sentire la tua voce,

raccontami di te.

Straordinariamente inutile.

Cercavo solo un posto sicuro

dove ridere di me.

Parcheggiami dove ti pare.

Pago io.

10 ottobre 2008

Spalle al muro

Appoggiato al muro aspettavo la sera, laggiù, in quel vicolo che conduce al mare. Sono rimasto con i pensieri e la schiena attaccati a quel vecchio muro di pietra cercando di capire tutto quello che mi avevi detto. Potevo solo tacere, leggere tra le pieghe della tua bocca che vomitava l'inferno e la disperazione. Restavo fermo davanti a te mentre mi chiedevi di ruggire ancora, come il mare quel giorno.
Non sappiamo nemmeno quale forza abbia tenuto il nostro cuore in pugno affinché smettesse di battere più forte; la tua era forse solo rabbia, forse stanchezza.
Avrei lasciato le mie mani andare sul tuo corpo per ritrovare ancora il tuo seno. Ma rimanevo lì immobile e guardavo le tue mani che si trasformavano in mazze ferrate e mi colpivano forte sul petto; poi il pianto rallentava come i tuoi colpi, fino a spegnersi tra i singhiozzi. Mi facevano più male le tue lacrime che ogni colpo ricevuto.

Stavo lì, con le spalle al muro, mentre sparivi dietro l’angolo lasciando solo la scia del nostro tempo.

Non trovavo la forza di andarmene, di lasciare anche quell’ultimo posto dove sapevo avresti potuto trovarmi. Forse gli occhi si bagnarono per la pioggia, ma venne la notte a nascondere la mia fuga.

Ritorno ancora qui per cercare il suono di un perché. Forse coglierò il giorno nel quale anche tu avrai bisogno di risposte e ti vedrò accarezzare quel muro nudo e pietoso che ha accolto la mia pena.

Sai amore mio, io non sono mai andato via da quel muro: quando si muore non si va più via da nessun posto.

09 ottobre 2008

Centocinquanta passi


Anche quando sarò rimasto solo,
dentro al buio totale, sommerso da verità nascoste,
con la bocca cucita dalle responsabilità,
anche allora avrò voglia di cercare qualcuno
che sappia leggere sotto le parole.
E lo sai, non alzerò il dito per indicare chi è cieco, chi è sordo, chi è muto.
Mi siederò ed aspetterò.
Le attese portano più lontano di qualunque fuga,
ed in ogni caso lasciano il tempo per respirare
e riconoscere gli occhi del predestinato.
Ho contato i passi per arrivare alla solitudine, pochi ancora.
Centocinquanta passi per arrivare al mare:
lì ho nascosto le mie parole,
confuse tra i tuoi dubbi e i tuoi sogni,
dove una donna antica
ti ha trovata bambina
e ti ha parlato dell'amore.



05 ottobre 2008

L'anima del carnefice


Nelle avenidas i cingoli dei carri armati avevano lasciato le stesse cicatrici che avevano i martiri sulla pelle. Segni profondi, palpabili, pronti alla vendetta.

Incontrare i boia per strada non era cosa rara, anzi, incontrare chi aveva ucciso il tuo futuro era cosa comune.

Nel dehor di un cafè, quell'uomo dagli occhi azzurri come il mare, racchiusi in piccole fessure sopra un viso bonario, quasi gentile, le mani lunghe e affusolate come quelle di un pianista o di un chirurgo, dai gesti misurati e precisi, mi aspettava. Quelle mani che prendevano un bicchiere di Cabernet Sauvignon cileno e lo portavano alle labbra con solenne lentezza, con la consapevolezza di quello che sarebbe stato il gusto al palato, il sentirne gli aromi e le fragranze.

Un uomo così, che sapeva dare un valore alle cose terrene, che sapeva apprezzare a fondo le cose buone della vita, si apprestava a raccontarmi quello che era stato il suo “impiego” negli anni passati, con la tranquillità di chi racconta le sue vacanze estive a Vigna del Mar.
Otto ore di lavoro sulla carne di persone per lui senza nome, senza età, senza sesso, senza volto, senza storia. Pezzi di carne da fare urlare, da sfinire, da rendere morbida, da piegare.

Si godeva il sole mentre raccontava senza enfasi e accanimento la sua storia. Guardavo la sua bocca e ad ogni parola sembrava uscissero pezzi di carne, sangue, urla.
E gli sovvenne il nome di uno degli ospiti del garage, così chiamava il suo posto di lavoro, perché lo aveva “incontrato” il giorno del compleanno di uno dei suoi bambini. Ne aveva tre, e così quel giorno, prima di prendere servizio gli aveva comprato uno di quei giochi di costruzioni a mattoncini colorati e mi disse che lui non voleva che i suoi figli giocassero con le solite armi giocattolo perché erano diseducative, insegnavano la violenza.
Il racconto si dipanava in modo fluido, senza interruzioni, con dovizia di particolari e senza mai crogiolarsi nel compiacimento.
Gli domandai perché mai raccontasse queste cose a me e perché si fidasse di me.
Sorrise con quei suoi denti disordinati ma bianchissimi e si avvicino così vicino al mio viso che potei sentire il suo alito che sapeva di vino e mi disse : “Non lo so. Certe cose si fanno e basta.”
Poi si rimise rilassato sulla sedia e aggiunse che forse aveva scelto me perché ero straniero o forse perché i poeti hanno sublimato la morte nelle poesia e lì trovano le loro risposte alla vita. Un carnefice invece è condannato a cercare le sue risposte dentro agli altri.
Aveva una teoria secondo la quale un boia cerca nella vittima predestinata il senso della vita e che solo guardando in faccia la disperazione di chi muore si riesca a capire quale sia l’essenza di un uomo. Rimasi immobile ad ascoltare quello che mi sembrava un delirio di onnipotenza. Poi dalla tasca tirò fuori un malloppo di carte tenute insieme da un grosso elastico e me lo consegno in mano.
Mi disse che era il suo testamento e che avrei potuto leggerlo appena si fosse alzato da quella sedia.
Impercettibilmente il suo viso si fece più rilassato, quasi sereno. Mando giù l’ultimo sorso del suo cabernet, lasciò una banconota sotto il bicchiere, mi fece un sorriso e senza dire nulla se ne andò. Mi alzai anche io, con quel malloppo di carte in mano e con un senso di dolore e nausea profondi. Presi la sua stessa direzione, mescolato tra la folla del mezzogiorno nell’Avenida Central, e non potei fare a meno di seguirlo per un po’ di tempo ancora. Non ricordo per quanto tempo, ma ad un certo punto, prima di infilarsi in un vicolo laterale, si fermò e voltandosi, da lontano mi sorrise:. Poi sparì dietro l’angolo.

Il suo “testamento” non lasciava nulla a nessuno, non confessava nessun delitto, non raccontava nessuna storia, non chiedeva nessun perdono. Era solo la raccolta manoscritta di centinaia di poesie; poesie di straordinaria bellezza, scritte da un’anima eletta e pura. Poesie d’amore e di vita.

Passai ore a leggerle dimenticando quale mano avesse mai scritto quei pezzi di carta, e quale anima li avesse concepiti.

Nell’ultima pagina di quel “testamento” trovai scritta la frase: “La ricerca è finita. La morte ha liberato il poeta. Ora il poeta libererà la morte”.
Pensai alle due anime che avevano vissuto in quell’uomo specularmente, in un inspiegabile simbiosi, in un tragico e armonico conflitto interiore.
L’orrore scese dentro al mio cuore.
Il fuoco fece giustizia di tanta inutile bellezza, di tanta terribile purezza.

Tutte quelle straordinarie poesie portavano la data a piè di pagina e tutte erano state scritte negli ultimi due anni prima della sua morte in quel vicolo, con un colpo di pistola alla nuca.

Capita a volte


Capita a volte di pensare che la felicità ti sia passata accanto senza riuscire a dirle nulla. E così lei se ne va' via, lasciandoti con le mani vuote e l'amaro in bocca, senza più girarsi indietro..
Capita a volte che tu ti renda conto di essere rimasto indietro nella vita, senza la tua felicità.
E allora pensi sia giunto il momento di rinunciare alla felicità e di sognare, il momento di rendersi conto che il sogno e la vita sono forse la stessa cosa ma che dalla vita non ti potrai mai più risvegliare.
Capita a volte che in quel lungo sogno qualcuno dimentichi chi sei, staccando il passato dal suo cuore e dalla sua mente come croste di intonaco da un vecchio muro. E sei polvere nel vento.
Capita a volte.
E allora a che serve amare ancora?

03 ottobre 2008

Ogni mattina


Sento le cose addosso, come se piovesse.
Disturbano la vita, modificano il mio essere, cambiano il mio pensiero, rendono diverso il destino.
Incontro persone che non riesco a capire: le accetto come se fossero il vento, come se fossero il dolore.
Vorrei dormire con accanto il tuo amore, potendo sognare di toccare il tuo seno, accarezzando il tuo desiderio. Ho avuto un amore per ogni mese, un dolore per ogni notte.
Ho mani così taglienti da non poter più stringere le tue, ho gli occhi cosi infuocati da non poterti più vedere nemmeno nelle lacrime.
Ogni mattina ritorna il dolore, così lento da sembrare un bacio, così freddo da uccidere il mio giorno.
Guardavi la mia mano, sentivi il mare dentro alla mia voce; dovevo andare senza dire più nulla, rinnegando il mio amore.
Era l'ultimo momento di verità.

30 settembre 2008

L'attesa


A che serve avere nelle mani i suoni giusti, precisi e determinati del pensiero se manca la forza di lasciare il segno sulla vita.
Le parole muoiono ogni giorno, affogate dentro i malintesi, incarnite dentro l'ipocrisia delle verità che compriamo per arrivare a domani.
Leggera, mi servirebbe una vita più leggera, fatta di occhi meno severi, cuori pronti all'emozione, suoni limpidi.
Colleziono dita puntate su di me, scrivo inutili cose per solcare sterili campi, raccolgo frutti acerbi per sfamare il mio orgoglio, dimentico le altrui promesse per non ricordare le mie, calpesto i fiori credendo siano di ferro, dormo del sonno altri per rubare i loro sogni.
E così inutile scrivere ancora verità se nessuno vuole leggerle. Dimmi solo se rimani, dimmi se ancora ho spento il sole.

29 settembre 2008

Me ne starò qui


Che cosa dovrei aspettare? Il confessore è in chiesa, vestito di nero, dentro e fuori. Ad ogni angolo incontro qualcuno che mi consegna un manuale d'uso della mia vita, la garanzia e la scadenza del contratto. Ho solo il tempo per dire che mi serve un respiro per salire sulle scale di un patibolo che ha costruito a tempo di record. Mi spiace non sono come mi vorreste: non ho una bandiera, non ho un inno che suona bene alle partite di calcio, non ho la bocca giusta per dire le cose che volete. Sapete, credo di non avere nemmeno le lacrime abbastanza salate da poterci condire i vostri dolori. Me ne starò qui, aspettando di accarezzare un attimo. Amare è una parola che si allontana. Me ne starò qui aspettando di ricordare come sono i mattini dopo aver fatto l'amore con te. Me ne starò ancora qui, senza sapere se esisti, senza sapere il tuo nome.
Me ne starò qui, ad aspettare che ti accorga del mio amore.

25 settembre 2008

Errori nascosti


Quanti abbandoni nella vita può sopportare un cuore?
Resta solo l'arte, che raccoglie frammenti, ricompone le immagini, appoggia i colori.
Quale giorno avremo a disposizione per trovare tutti i sorrisi lasciati dietro agli angoli della nostra superficialità, del nostro rigore morale, che ha comprato anche il nostro desiderio di giocare?

Manca sempre il coraggio incosciente del bambino che scende giù per la discesa con la bicicletta senza freni, con l’allegra paura della caduta.

Troppo attenti alle note che non riconosciamo, che non suonano com’è scritto nel nostro pentagramma, troppo affilati i perdoni per non sembrare dei prestiti a scadenza.

Resta solo l’arte, che ancora vive dentro muri solidi e convenzioni universali perché libere, e che riesce a farci ridere di tutto il mondo e a chiudere gli occhi per qualche momento sugli inganni della realtà.

Rovesciano il mondo per cercare di leggerlo ognuno con il proprio alfabeto. Presto lasceranno che la nostra terra si trasformi in fuoco e dolore.

Ma almeno tu, che mi passi accanto, gioca con me, non pensare alla bocca del lupo quando è un bacio.


22 settembre 2008

Prima di chiudere gli occhi


Ho preparato i sogni. Vado a dormire sempre più tardi, dopo aver ascoltato la solita musica, quella adatta alla mia anima. Non ho un'anima, un'anima stabile da ritrovare e riconoscere; è un'anima che muta, e vaga dentro  all'emozioni, tra un suono e una parola.
Preparo i sogni per non disperdere inutilmente la notte dentro ad incubi che ricordano troppo la vita.
Ti ho scritto anche stanotte; scrivo sempre le solite cose che nessuno capisce, nemmeno tu.
Scrivevo lettere da ogni lato della terra, da ogni punto del tempo, da ogni guerra e da ogni pace mancata credendo di essere nel posto giusto con la verità dentro una valigia ventiquattr'ore. Non tornavo mai e nessuno mi aspettava mai.
Il mio tempo è stato troppo pieno di appunti in ogni istante del giorno da farmi rinunciare alla vita.
Forse basterà solo un cenno da lontano, nel momento dello sguardo, l'ascoltare una voce, il socchiudere gli occhi.
Basterà un attimo senza doversi voltare, per sentire la libertà soffiarmi sul viso..

21 settembre 2008

Perchè non è mai finita


C'è gente che si ostina a non voler restare lontana da me. Fare terra bruciata intorno non serve a nulla, hanno il bastone da rabdomante.
I citofoni hanno nomi sempre diversi, le abitudini sono un lusso impensabile. Loro erano abituati a chiamarmi con un fischio, come un cane, ed ora non si rassegnano ad averlo perduto nel bosco. Hanno accarezzato la mia testa per troppo tempo per pensare che possa essere libero. Ma certi boschi sono sicuri solo se li frequenti; è come andare a vendere la propria testa al boia: non si accorgerà nemmeno se è la testa che dovrà tagliare è quella sbagliata.
Non vogliono perdere, non conoscono rassegnazione.

Ho sempre le tasche pesanti, con messaggi pronti da consegnare ad ogni angolo. Le situazioni diventano ricorrenti, si mordono la coda , mi trascinano dentro mulinelli ingordi.

C'è gente che ha ancora voglia di pensare a me come se fossi vivo. Lo sanno che sono morto da un pezzo, lo sanno che non tornerò. Il rancore è più forte di un uomo, è più forte di ogni cosa.
Qualcosa danzerà sul mio stomaco, insieme alla malinconia, insieme alle cambiali in scadenza della vita, quando incontrerò il mio nome che mi spaccherà il cuore.
E sarà ancora il marmo a raccontare una vita.

Canta per me

Canta per me,
ascolto solo te.
Canta il tuo silenzio,
urlami dentro la tua rabbia
quando sarai sola e libera
e troverai un posto anche per me.
Canta per me quando
saprai le parole da dare alla rinuncia.
Canta per me guardando la notte,
parlando all'ultima stella del mattino
che sparisce dentro i miei occhi.
Canta per me se non ricordi il mio nome,
io saprò riconoscere la tua voce.
Canta per me,
ho solo te.

18 settembre 2008

O si pensa o si vive


Le derive delle emozioni diventano incontrollabili, portano i pensieri dentro insenature sempre più anguste e soffocano la ragione.

Ma poi l'errore è sempre quello: anteporre la ragione alla passione, essere pronti a morire nella sterile terra di una matematica dell'amore che ha meno senso della follia stessa dell'amore.
Di quale purezza è fatto un diamante se non quella del caso, della persecuzione dell'obbiettivo naturale, del giusto respiro senza calcolo della creazione che ha sempre un connotato straordinario e splendente. Un diamante si crea e brilla nella più completa inconsapevolezza della sua creazione, senza ragione; come tutte le cose rare è un’eccezione.


Amore e ragione vivono nell'antitesi, si soffocano e si disprezzano, cercano compromessi nell'attesa della sopraffazione reciproca, pronti a dimostrare le loro teorie bizantine non appena uno dei due cede e soccombe. La solerzia della ragione sta nella comoda presenza di tutto ciò che è acquisito, nella paura dell'ignoto, nella facilità del non rischiare mai molto, meno che mai l'orgoglio; moneta scomoda l’orgoglio, che appartiene all'amore, che solo chi ha nervi saldi e cuore grande può arrivare a spendere; è moneta per pochi eletti.

La ragione è la madre dei rimpianti, l’amore dei rimorsi. La ragione chiude la porta ai ricordi; l’amore li accoglie nella sua casa per sempre. La ragione non coltiva nessun frutto nel nostro giardino; l’amore lo rende rigoglioso, ricco e profumato. La ragione segue una strada segnata da rotaie e costringe il cuore a viaggiare su un binario morto; la ragione si muove a piccoli passi; l’amore ha ali così grandi che vola sopra ogni cosa e il cuore non conosce frontiere.

I pensieri sono melma e paludi nelle quali affonda la vita; i pensieri, i figli prediletti della ragione sommergono la vita. La vita, la madre dell’amore, griderà per sempre dentro alla prigione dei pensieri.

O si pensa o si vive.

La misura del tempo


Sei qui.
Ti aspettavo. il tempo non passa mai quando attendi. Ma ormai il tempo non ha più una misura: passa e si confonde con quello che deve ancora arrivare, diventa un magma indefinito, uniforme, che allontana dalle emozioni.
Non ho dato un nome al tempo e tu non sei mai andata via o non ci sei mai stata. Ma ho raccolto l'ultimo fiore del prato e piangerò per non averlo guardato ancora una volta.
Non ci sono suoni che assomigliano alle tue parole fruscianti e lucide che hanno attraversato ogni ragione, hanno piegato ogni dolore.
Va' via. Portati via, portati lontano da me se sono il tuo carnefice, se il mio amore è un delitto; portati lontano dalle mie mani che sanno accarezzarti, ascoltare la tua pelle.
Ucciderò il tempo per noi; ti regalerò un istante se lo saprai volere: non chiudere gli occhi.

28 agosto 2008

IPOTECHE


Quella era la notte. Non aveva contorni netti e definiti ma lasciava la stessa angoscia dentro e la stessa paura di non svegliarsi più.

C’era un orario da rispettare: entri e lui, candido e professionale rilegge per te il tuo tempo. Non lascia prove d’appello, sei il numero che doveva arrivare, sei un dolore che non gli è mai appartenuto; ti lascia in mano un pacco di fogli dove il nome è scritto in piccolo, dove non puoi più mettere dentro alcun futuro, nessuna speranza.

Quella era la notte, dove all’improvviso ti ci trovi dentro, senza tramonto ne alba.

Respirai tutta l’aria che potevo per provare a sputare poi fuori il cuore che invece rimase aggrappato alla mia rabbia.

Scendevi con me le scale, lontana da ogni sogno, sussurravi i sorrisi e mi guardavi con la diffidenza con la quale si guarda chi ti ha tradito.

Le cose non sempre dipendono da noi; nascono in noi, lasciano segni indelebili che gli altri non sanno riconoscere e che rifiutano di vedere come naturali e inconsciamente ti danno la colpa del tuo futuro abbandono.

Non voglio raccontare nulla, non serve a molto farsi capire. Le cose sono rimaste lì, a portata di mano, pronte per essere usate da ogni lingua. E’ stato come morire due volte.

13 agosto 2008

I boia


Prendi una pistola e spara.
Lo sai fare o no?
Forse ci vuole coraggio ma è un lavoro pulito, senza sbavature.
Dunque si sceglie la vittima, o te la indicano; non hai bisogno di parlargli, di raccontargli nessuna bugia, non deve fidarsi di te e tu non devi giocare con lui. Per non so quale forma di rispetto, lo guardi negli occhi; carpisci quegli ultimi istanti prima che il cane tocchi il percussore e il proiettile abbai dentro la testa della vittima. Un carnefice ha un motivo, una spiegazione una risposta alla sua azione: è un lavoro. Per quanto infimo e deplorevole è un lavoro.

Peggio è morire per mano di chi non usa altro che il suono dell'illusione, della bugia, dell'ipocrisia, del silenzio. Ti tira fuori parole e promesse, ti scava dentro all'anima e ti ruba le cose più preziose e intime per regalarle alla sua vanità, al suo bisogno di sentirsi bene. E non ha il coraggio di darti il colpo di grazia perché non sa fare il boia. Sa solo far male e pensare che in fondo in ogni gioco c'è chi vince e chi perde.
Peccato scoprire solo all'ultimo che il giocattolo eri tu e che non sei mai entrato da nessuna parte, in nessun pensiero, ma solo in un tunnel di dolore e illusioni,
Un buon boia è impagabile: non avrai mai bisogno di chiedergli perché.

04 agosto 2008

Carezze sulle orme

La vita ha preso a respirare
con troppo affanno
col suo alito appannerà
il vetro del tempo
e cancellerà i contorni degli attimi.
Ogni viso si allontanerà,
i gesti rimarranno

lontane figure
che sbiadiranno tra altre mille vite
che attraverseranno la nostra.
Con carezze sulle orme
cerco di fermare momenti
e promesse
per non rincorre più sogni.
E chiedo alle mie mani

di ricordare un viso

per non pensare
mai più a chi non c'è.

02 agosto 2008

Parete a specchio


Non esiste più nulla al di là di quella parete a specchio che mi separa da fughe e trappole.
I nuovi nomi, le poesie ritrovate, l'arte nascosta tra gli anni di fuga hanno scelto un tempo diverso e più benevolo dove ascoltare la mia canzone e lasciare un posto vuoto per questo destino inventato a tavolino da moderni satrapi.
Il mio sguardo gira intorno e trova fantasmi senza voce, voci senza corpo e tutto insegue un vacuo sentire, un inutile sperare.

Chiederò scusa a chi non trova mai la mia spalla per piangere e mi insulta quando gira l’angolo perché così è più facile, così è più elegante.

Imparo a memoria nuove pagine di una vita di seconda mano, con il certificato di garanzia scaduto; provo a evadere attraverso fessure e spiragli di realtà che giocano con me perché è sempre meglio che un buio silenzio.

Ti ho raccontato qualche verità per provare a essere come chiunque altro, per avere qualcosa da rimpiangere quando sarò dalla parte sbagliata di qualche nuova parete a specchio; ma come sempre non ho altre parole che queste, che sono inutili, incomprensibili e senza nessun suono.

Inutili, come sempre.

28 luglio 2008

Senza parole



Non so che altro dire.
Mi ritrovo qui a raccogliere gli spiccioli del resto del caffè. Li ho contati troppe volte per sperare ancora che possano servire a pagare un qualunque biglietto per tornare indietro o per fuggire da me stesso. Sono qui e ci resto.

C’è sempre nei nostri pensieri qualcuno a cui pensare, qualcuno da chiamare per nome e da cercare di dimenticare presto.

Conosco il segreto del sapore del mare, del colore di una notte di follia, di un bacio rubato prima di un sogno ma non riesco a farmi capire. Abito una sponda troppo lontana da te e mi tocca urlare per farmi sentire. E il vento del tuo orgoglio spinge lontano le mie parole, le sparge dentro qualche interpretazione di comodo e tutto finisce dentro la fogna della paura.

Troppo lontano per farmi capire. Cosa vuoi che ti riesca a dire se devo urlare; non si stendono tappeti rossi da un’auto in corsa.

Non mi riesce di essere stanco nemmeno questa volta: è sempre tutto così prevedibile e scontato che non resta che applaudire alla mia buona volontà nello sperare che esista qualcuno lontano dal solito palese egoismo: triplo salto mortale e caduta a terra senza rete, tanto per non dover chiamare rischio un qualunque calcolo che mi faccia cadere in piedi.

Mi sembra sempre di essere quello che alle corse dei cavalli scommette sui cavalli che i giorno prima sono finiti al macello.

Ma ancora una volta ho il coraggio di rimanere lontano dai compromessi e pagare di tasca mia, lasciare sorridere chi crede nelle vittorie rubate e continua a guidare ad occhi chiusi.

Queste persone che scelgono sempre le scale che scendono, per non fare fatica, per paura di cadere troppo dall’alto, per confondere la loro rinuncia dentro facili scuse e ad altre migliaia di rinunce confortevoli e sicure.

Vivere al riparo dal vento del giudizio del mondo non ti salverà dalla mannaia della vita, che continuerà colpire inesorabile, sulle tue esitazioni, sui tuoi ripensamenti e sarà sempre troppo tardi

per piangere.

Che tristezza parlare a chi non ascolta. Tanto vale mentire.

16 luglio 2008

Respiri leggeri


Si restringe lo spazio della notte.
Consegnare al futuro un solo attimo
è una rinuncia soffocante.
Sto cercando un posto dove appoggiare il cuore,
un posto dove il vento non disperda le mie parole.
Il tempo di chiudere le palpebre
e nessuno darà più un senso alla mia vita,
alle mie parole.
Ogni nuvola ha un nome
che non ricordo più,
ogni passo lascia un'orma che qualcuno seguirà.
Hai ascoltato un piccolo canto uscire dalle mie paure.
Dammi il giusto tempo per scegliere.
Il telefono non suona più nella notte
ma rimbomba nelle stanze di troppe case.
Di che colore sarà il prossimo sorriso?

27 giugno 2008

Calendari


C’erano stati tutti quegli anni prima. Anni riempiti da migliaia di visi di persone che mi erano passate davanti, lasciando il più delle volte solo una immagine dai contorni vaghi. Qualche parola che non ricordo, forse profumi, un odore. E poi i nomi. Quelli, se ne erano andati e venuti, si erano accavallati nelle agende e nella memoria e il più delle volte non avevano evocato altro che un momento o la promessa, mai mantenuta, di rivederci ancora una volta.

Tutti quegli anni che erano passati spalmandomi sulla pelle l’invisibile tratto di un pensiero che muta, lentamente e inesorabilmente. Quegli anni che giorno dopo giorno hanno spostato le pedine, deformato e piegato le trincee delle paure e dei tabù.

Si trattava adesso di passare in rassegna tutti i miei difetti, senza fermarsi davanti agli specchi ingannatori dell’ipocrisia, enunciare tutti gli errori, tagliarsi le mani con le occasioni mancate e

spegnere gli ultimi focolai del desiderio d’amore. I passi da fare per arrivare alla fine della mia esistenza li potevo contare con buona approssimazione sopra il calendario della mia cucina; uno di quei calendari con il numero del giorno scritto in rosso che si usavano a scuola; tutti i giorni la maestra entrando incaricava qualcuno di noi bambini a strappare il foglio di carta leggera, quasi una velina, per scoprire un nuovo giorno. Un gesto senza importanza, che mai avrei pensato di ritrovare sotto milioni di pensieri, ma che continuava a perpetuarsi nel tempo, senza tregua, di nascosto, scavando sotto la coscienza e lasciando solo cicatrici sulla carne.

Avevo lasciato dentro gli scaffali della memoria tutto, ogni momento. Ogni tanto arrivava un piccolo tassello sconosciuto che si collegava alla mia memoria nascosta e una immagine nasceva nello schermo dell'immaginazione. Ogni tanto apparivi anche tu..

26 giugno 2008

Ci sarebbe bisogno di progettare la libertà


Non abbiamo il tempo per sognare un'altra rivoluzione: sono congegni vecchi, che si inceppano e il più delle volte esplodono in mano a chi li ha fabbricati.
L'unica rivoluzione possibile, funzionante, funzionale e costruttiva, è quella individuale.
Spezzare la catena dell'individuo, fermarsi ad ascoltare il rumore che facciamo, voltarsi a guardare i nostri passi quante cose calpestano, ascoltare le nostre parole quante persone feriscono.
Progettare la libertà è un lavoro per pochi eletti, per gli impavidi, per chi sa guardare in faccia i problemi e risolverli, per chi non nasconde la faccia, per chi non conta troppe volte i soldi prima di aiutare gli altri.
Troppi pensieri dentro la testa impastano i muscoli e rallentano l'azione;
i pensieri devo avere la giusta dimensione: né grandi né piccoli; devono essere in numero giusto: né troppi né pochi; devono avere il giusto peso: né leggeri né pesanti.
Ma soprattutto il pensiero deve essere allenato, praticato e libero di esprimersi e non istigato, instillato da coloro che vogliono omologare il mondo e renderlo come uno di quegli omogeneizzati da supermarket.

Progettare la nostra libertà non potrà che essere la libertà di tutti.

19 giugno 2008

Correre con la storia


E' che come spesso mi accade, mi ritrovo ad ascoltare storie delle quali "mi deve" importare.
Mi deve importare perché c'è il silenzio che incombe e ci sono le cose da capire. Le risposte sono sempre uguali e mute, perché anche queste sono mazzi di carte truccate ed hanno già il loro vincitore.
E così mi capita di ascoltare la storia di un uomo che punta il dito sulle verità scomode, quelle verità che tutti conoscono ma alle quali nessuno crede.
Il suo racconto è sporco di sangue, di scie nel cielo, di trame nella notte, di coincidenze perse dentro la banalità del male. E' tutto talmente fluido da sembrare nell'ordine naturale delle cose, è tutto talmente sbagliato da lasciare la gola secca, è tutto talmente ammalato da sembrare dalla parte del giusto.
Un racconto di logica consequenziale che alla fine del tempo a disposizione lascia solo lo spazio per un debole cenno di intesa, una approvazione strappata ai più bassi istinti animali. Ma non riesco a non ascoltare, così pronto come sono a farmi domande il giorno dopo e a dirmi che ho solo fatto la cosa giusta.
E tu credi che io sia pronto a vivere le stagioni in silenzio, ad amare le cose non mie, a posare lo sguardo dentro occhi distratti, a correre dalla falsa vita che hanno costruito intorno alle nostre generazioni future, tu credi io sia così?
Forse appartengo a qualcuno, amato ed odiato per non avere mai avuto un collare e nemmeno un nome.

14 giugno 2008

In fuga


Forse qualcosa mi vuole mettere alla prova.
Se la tragedia bussa alla porta le domande diventano spontanee, precise e nette quanto inutili.
Le cose che accadono sono come la pioggia e il vento: nessuno si domanda perché piove. Piove e basta.
Apri la porta di scenari preparati da tempo e che speri sempre di rimandare a domani. Ma quale domani? Oggi è il domani di ieri e quindi ha le carte in regola, è nel posto giusto, ha le parole giuste. Tutto il passato ha suonato le note perfette di una sinfonia inutile.

Quando cominci a ragionare come un topo, a vivere come un topo, con la circospezione di un topo, con la paura, allora sei diventato un topo, e prima o poi qualche trappola per te scatterà.

Spengo la luce. La verità mi brucia la lingua.

26 maggio 2008

Pietre vive


Il viso appoggiato sulla terra
ascolto le paure del mondo.
Quale fiaba racconterò
in una notte così lunga
senza ingannare l'innocenza
di un nuovo cammino.
Abbraccio il cuore di un bosco,
cerco il nome della vita
dentro pietre vive,
come costole di mondi antichi.
Ho pianto di nascosto
tra le parole di vecchi bambini
che nessuno ascolta più.
Gli eroi erano così tanti
che nessuno li ha più contati.

23 maggio 2008

Le utopie


La pioggia a volte non riesce a bagnare.
Scivola sopra i pensieri,
rimbalzando tra sorrisi e attimi inutili
che delimitano il tempo.
Strade, bandiere, gente in festa,
pronti per annegare in bicchieri di vino.
Ho atteso a lungo una voce sincera
che non lasciasse lo sguardo ai miei piedi,
che cancellasse la mia disfatta
con la falce della gloria.
La pioggia a volte non riesce a bagnare
perché la pietà riconosce il suo letto.

21 maggio 2008

Una canzone


Ho questo istante per te,
ho l'attimo che ti serve
per farmi la domanda sbagliata,
ho il tempo per non rispondere
alla verità che si nasconde
nei miei occhi.
Se solo avessi chiamato il mio nome
senza credere alla notte che moriva
ti avrei lasciato un biglietto
nel cassetto della cucina ,
tra i coltelli e una ferita.
Pura e limpida come la paura,
la gioventù è passata dentro i rimorsi
senza lasciare un fiore.
Canta una canzone con me
sui gradini di un ricordo .

15 maggio 2008

Diario d'amore


Dammi il tempo di chiudere gli occhi,
di versare un bicchiere di vino,
di non credere più ai santi sui calendari.
Aiutami a chiudere gli occhi sul tuo egoismo,
sulla mia speranza nascosta in un risveglio,
nei miei passi che ignorano la strada.
Cercando dentro le reliquie dei miei giochi di morte,
ho trovato le orme di una profezia senza bocca,
ho baciato le labbra di un silenzioso diario d'amore.

10 maggio 2008

Corridoio di nomi



Lasciamo volare le mani
attraverso solerti bugie.
Inconsapevoli mani dentro cuori nudi
spogliati d'ogni sospiro.
Come una feroce marionetta
accanto a malinconici domani,
avvolto in sudari senza immagini,
ascolto storie di sfavillanti vittorie
respinte dalle eterne sconfitte quotidiane.
Tutto si muta nell'istante,
posato sul cuscino accanto alla vita,
sublimato in carezze di mille mani,
come un bacio lungo cento giorni,
come un coro di voci per un addio,
attraverso un corridoio di nomi
da non dimenticare.
Il destino è scritto
con un inchiostro così nero
che non riesco a vedere
più il tuo sorriso.
E qualcuno giù in strada
ha ancora una canzone da cantare,
ma non sa più le parole.

28 aprile 2008

Ultimo treno


Non mi sorprende più il morso al cuore,
non piango più per nulla.
Mi hanno ucciso così lentamente
da non riuscire più a scappare.
Volevo morire tra le braccia di un giusto tempo,
provando ad arrossire
per la vergogna che assale il giusto
quando sbaglia ad amare.
Ma mi ha raccolto il solito mendicante
che dorme alla stazione
e legge dell'ultimo treno
per la vita,
senza mai partire.

Ancora piove


E' passato l'ultimo giorno,
tra gli spiragli della notte.
E' passato l'ultimo incubo di felicità,
camminando sopra il sentiero di luce
che la luna regala al mare.
Varco la frontiera dell'illusa vita
contrabbandando baci,
mani silenti
e ricordi troppe volte usati.
Sono rimasto seduto
ad attendere un nome
degno del mio disprezzo.
Portami quell'ultimo bacio
sulla porta di casa,
con l'edizione straordinaria
del giornale.
Guardo il cielo da antichi vicoli
dove si fondono le tracce
e la morte.
Piove, ancora piove,
e non sai perché.

17 aprile 2008

Confutatis Maledictis




Non conta più nulla,
nessuna certezza.
Sublimato il tempo, la carne,
l'orrore e la dolcezza
in un feticcio di sentimenti,
pronto per i giorni della solitudine,
esiliato nell'indice dei titoli,
dove si è spenta ogni vanità.

Confusi i maledetti,
perduti in cerchi nell'acqua,
complici le troppe emozioni
e un miracolo senza nome
dove ho posato il mio
febbricitante sguardo.

Asportato il cancro dell'amore
non rimane che la felice
sicurezza della morte.
Ti presto la mia pietà
in cambio delle tue scuse,
perché non sarò mai troppo lontano
dalla bocca del leone.

Se sapessi parlarti
non scriverei poesie di nascosto,
tra una rinuncia e una bugia.
Se riuscissi a parlarti
non capiresti il mio silenzio.

13 aprile 2008

PORTAMI VIA


Lo sciamano bianco
e i suoi presagi di lotta
scritti nei fondi di caffè,
mi ha parlato di battaglie
poco prima di cena.

Ho ascoltato i suoi passi
diluire il mio sangue
sopra fogli senza speranze.
Il rabdomante cerca l'ultima goccia
di gioia prima che la notte mi baci,
e mi racconta una storia d'amore.

Ho riempito la valigia di pioggia
per nascondere una lacrima.
Portami in viaggio con te,
raccontami ancora la tua insonne rinuncia.
Avrò indietro il mio tempo.

05 aprile 2008

CATTIVE NOTIZIE

Cattive notizie.
Ho perduto un altro battito del cuore,
nell'indifferenza di un giorno qualunque.
Sembra vita.
Assolvo tutti i peccatori e
con la mano sinistra
prendo un pugno di vento.
Ti ho mai parlato delle mie mani?
Non sai nulla di come mi ha
consumato la disperata ricerca
di un angolo vuoto, senza domande.
Hanno tutti sguardi assenti,
che girano tra le frasi di un rosario,
Quando esci spegni la luce.
Le dita infilate in una rete
di metallo muovono veloci l'aria,
ancora una volta sembrano volare.
Le cattive notizie hanno nomi crudeli,
il respiro maleodorante,
le parole sbagliate
e non sanno tacere.

29 marzo 2008

IO SO


Io so.

Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere).

Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum. Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killers e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.

Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.

Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile...


Pier Paolo Pasolini, 14 novembre 1974

18 marzo 2008

Spine


Parlami piano,
il fragile suono della paura

allontana i desideri della vita.

Resta in silenzio,

accarezza le mie spine:

sapremo baciare il nostro amore

senza incrociare strade,

camminando sulle lacrime
come un santo senza miracoli.
Saranno sempre le notti
a tenerci la mano.
Sto chiudendo gli occhi,
resta solo un respiro.


17 marzo 2008

QUARANT'ANNI FA...


"Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.

Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones ne i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani."

Il 18 Marzo del 1968 Robert Kennedy pronunciava, presso l'università del Kansas, un discorso nel quale evidenziava -tra l'altro- l'inadeguatezza del PIL come indicatore del benessere delle nazioni economicamente sviluppate.

Tre mesi dopo veniva ucciso durante la sua campagna elettorale che lo avrebbe probabilmente portato a divenire Presidente degli Stati Uniti d'America.

11 marzo 2008

Le chiavi in tasca


La strada passa di qua,
senza motivo.
Le mani in tasca cercano le chiavi,
che raccontano mille volte le stesse cose.
Entrano, girano dentro alla serratura, escono,
tornano in tasca ad accompagnare il passo.
Abbiamo il domani che aspetta,
ci corre incontro,
ci sbatte dentro,
maciulla pensieri, ossa , carne,
senza aspettare un istante.
Quella voglia che avevo di correre
dietro alla follia
è morta in un momento,
dove mi sono distratto.
Dovrei essere più attento , più coraggioso
per tornare a parlare dentro agli occhi della giustizia.
La neve sopra le montagne non aspetta nulla,
resta lì a morire nel giorno,
cambiando nome senza domande, scendendo nelle radici.
Ho le chiavi in tasca,
segnano il passo per tornare indietro
e fanno sempre le stesse cose.

25 febbraio 2008

A volte è meglio dormire


Passa tutto attraverso i denti taglienti del destino.
Quelle notti sembravano interminabili
solo perché nascondevano il giorno dentro ore buie.
Ma il sole non si è mai fermato davanti alle lacrime di nessuno;
ti prende per mano e ti accompagna dentro un'altra storia.
Sono restato qui il tempo di un respiro,
appoggiato ad un muro di pietra alla periferia dei ricordi,
con gli ultimi spiccioli di elemosina nella mano
che spenderò domani per un caffè.
Ho paura ancora,
come sempre,
di svegliarmi ancora
e non saper rinunciare alla vita.
Hai ancora lo stesso nome,
lo stesso profumo,
la stessa voce,
lo stesso coltello che taglia il tempo?
Ero in viaggio per il nirvana,
ma non volevo arrivare troppo tardi a casa:
sarebbe stato imperdonabile morire per strada.

Zoccole (il mio contributo al V2-Day)

Bellissimo!

23 febbraio 2008

Troppo lontano


Sono andato troppo lontano,
così lontano da non vedere i suoi occhi,
da non sentire il suo respiro.
Il mio nome scritto sopra il muro
è sbiadito nel silenzio.
Troppo lontano dalle stagioni
che regalavano frutti abbondanti
e passi leggeri.
Troppo lontano da tutti.
Nascosto dietro alla libertà,
ascolto gli insulti dell'anima
ferita dall'indifferenza.
Mille schegge di mille specchi
si spartiscono la mia verità.