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29 settembre 2009

Non sanno mai chi sei


Posso raccontare di come sia la notte. Posso raccontare come erano certe notti.
Non avevano la luna, non avevano strade conosciute, non avevano numeri civici sulle porte, non avevano viali conosciuti, non parlavano la mia lingua. Arrivavo da solo, attraverso varchi anonimi, senza dichiarare nulla, senza il mio nome.
Incontravo persone senza un volto, con poche parole calibrate, consigli scritti sulla lingua e ordini precisi nelle mani.
La notte allora cominciava a scorrere lenta dentro. Servivano solo gli occhi e il silenzio.
Il silenzio rimane fermo lì, tra la bocca e lo stomaco ancora per qualche tempo dopo la notte. Quel silenzio secca la lingua, taglia le sinapsi.
Servivano solo gli occhi e il silenzio quando dovevo pensare a tornare con il mio respiro.

Non sanno mai chi sei. Non lo sanno prima, non lo sanno dopo. Non lo sanno perché te lo raccontano prima, chiamandoti per nome, dicendoti come sei nato, come mangi, come dormi, come vivi.

Avevano il mio DNA tra le dita ma non mi chiamavano col mio nome. Non volevano sapere chi ero quando era notte.
Di notte ero solo un'ombra.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E' un' immagine ricorrente...
Perché le scale?

Anonimo ha detto...

e cosa veniva chiesto a quell'ombra?
quali corde le veniva chiesto di utilizzare?
e perchè?