E' che come spesso mi accade, mi ritrovo ad ascoltare storie delle quali "mi deve" importare.
Mi deve importare perché c'è il silenzio che incombe e ci sono le cose da capire. Le risposte sono sempre uguali e mute, perché anche queste sono mazzi di carte truccate ed hanno già il loro vincitore.
E così mi capita di ascoltare la storia di un uomo che punta il dito sulle verità scomode, quelle verità che tutti conoscono ma alle quali nessuno crede.
Il suo racconto è sporco di sangue, di scie nel cielo, di trame nella notte, di coincidenze perse dentro la banalità del male. E' tutto talmente fluido da sembrare nell'ordine naturale delle cose, è tutto talmente sbagliato da lasciare la gola secca, è tutto talmente ammalato da sembrare dalla parte del giusto.
Un racconto di logica consequenziale che alla fine del tempo a disposizione lascia solo lo spazio per un debole cenno di intesa, una approvazione strappata ai più bassi istinti animali. Ma non riesco a non ascoltare, così pronto come sono a farmi domande il giorno dopo e a dirmi che ho solo fatto la cosa giusta.
E tu credi che io sia pronto a vivere le stagioni in silenzio, ad amare le cose non mie, a posare lo sguardo dentro occhi distratti, a correre dalla falsa vita che hanno costruito intorno alle nostre generazioni future, tu credi io sia così?
Forse appartengo a qualcuno, amato ed odiato per non avere mai avuto un collare e nemmeno un nome.
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