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28 aprile 2008

Ultimo treno


Non mi sorprende più il morso al cuore,
non piango più per nulla.
Mi hanno ucciso così lentamente
da non riuscire più a scappare.
Volevo morire tra le braccia di un giusto tempo,
provando ad arrossire
per la vergogna che assale il giusto
quando sbaglia ad amare.
Ma mi ha raccolto il solito mendicante
che dorme alla stazione
e legge dell'ultimo treno
per la vita,
senza mai partire.

Ancora piove


E' passato l'ultimo giorno,
tra gli spiragli della notte.
E' passato l'ultimo incubo di felicità,
camminando sopra il sentiero di luce
che la luna regala al mare.
Varco la frontiera dell'illusa vita
contrabbandando baci,
mani silenti
e ricordi troppe volte usati.
Sono rimasto seduto
ad attendere un nome
degno del mio disprezzo.
Portami quell'ultimo bacio
sulla porta di casa,
con l'edizione straordinaria
del giornale.
Guardo il cielo da antichi vicoli
dove si fondono le tracce
e la morte.
Piove, ancora piove,
e non sai perché.

17 aprile 2008

Confutatis Maledictis




Non conta più nulla,
nessuna certezza.
Sublimato il tempo, la carne,
l'orrore e la dolcezza
in un feticcio di sentimenti,
pronto per i giorni della solitudine,
esiliato nell'indice dei titoli,
dove si è spenta ogni vanità.

Confusi i maledetti,
perduti in cerchi nell'acqua,
complici le troppe emozioni
e un miracolo senza nome
dove ho posato il mio
febbricitante sguardo.

Asportato il cancro dell'amore
non rimane che la felice
sicurezza della morte.
Ti presto la mia pietà
in cambio delle tue scuse,
perché non sarò mai troppo lontano
dalla bocca del leone.

Se sapessi parlarti
non scriverei poesie di nascosto,
tra una rinuncia e una bugia.
Se riuscissi a parlarti
non capiresti il mio silenzio.

13 aprile 2008

PORTAMI VIA


Lo sciamano bianco
e i suoi presagi di lotta
scritti nei fondi di caffè,
mi ha parlato di battaglie
poco prima di cena.

Ho ascoltato i suoi passi
diluire il mio sangue
sopra fogli senza speranze.
Il rabdomante cerca l'ultima goccia
di gioia prima che la notte mi baci,
e mi racconta una storia d'amore.

Ho riempito la valigia di pioggia
per nascondere una lacrima.
Portami in viaggio con te,
raccontami ancora la tua insonne rinuncia.
Avrò indietro il mio tempo.

05 aprile 2008

CATTIVE NOTIZIE

Cattive notizie.
Ho perduto un altro battito del cuore,
nell'indifferenza di un giorno qualunque.
Sembra vita.
Assolvo tutti i peccatori e
con la mano sinistra
prendo un pugno di vento.
Ti ho mai parlato delle mie mani?
Non sai nulla di come mi ha
consumato la disperata ricerca
di un angolo vuoto, senza domande.
Hanno tutti sguardi assenti,
che girano tra le frasi di un rosario,
Quando esci spegni la luce.
Le dita infilate in una rete
di metallo muovono veloci l'aria,
ancora una volta sembrano volare.
Le cattive notizie hanno nomi crudeli,
il respiro maleodorante,
le parole sbagliate
e non sanno tacere.

29 marzo 2008

IO SO


Io so.

Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere).

Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum. Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killers e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.

Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.

Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile...


Pier Paolo Pasolini, 14 novembre 1974

18 marzo 2008

Spine


Parlami piano,
il fragile suono della paura

allontana i desideri della vita.

Resta in silenzio,

accarezza le mie spine:

sapremo baciare il nostro amore

senza incrociare strade,

camminando sulle lacrime
come un santo senza miracoli.
Saranno sempre le notti
a tenerci la mano.
Sto chiudendo gli occhi,
resta solo un respiro.


17 marzo 2008

QUARANT'ANNI FA...


"Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.

Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones ne i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani."

Il 18 Marzo del 1968 Robert Kennedy pronunciava, presso l'università del Kansas, un discorso nel quale evidenziava -tra l'altro- l'inadeguatezza del PIL come indicatore del benessere delle nazioni economicamente sviluppate.

Tre mesi dopo veniva ucciso durante la sua campagna elettorale che lo avrebbe probabilmente portato a divenire Presidente degli Stati Uniti d'America.

11 marzo 2008

Le chiavi in tasca


La strada passa di qua,
senza motivo.
Le mani in tasca cercano le chiavi,
che raccontano mille volte le stesse cose.
Entrano, girano dentro alla serratura, escono,
tornano in tasca ad accompagnare il passo.
Abbiamo il domani che aspetta,
ci corre incontro,
ci sbatte dentro,
maciulla pensieri, ossa , carne,
senza aspettare un istante.
Quella voglia che avevo di correre
dietro alla follia
è morta in un momento,
dove mi sono distratto.
Dovrei essere più attento , più coraggioso
per tornare a parlare dentro agli occhi della giustizia.
La neve sopra le montagne non aspetta nulla,
resta lì a morire nel giorno,
cambiando nome senza domande, scendendo nelle radici.
Ho le chiavi in tasca,
segnano il passo per tornare indietro
e fanno sempre le stesse cose.

25 febbraio 2008

A volte è meglio dormire


Passa tutto attraverso i denti taglienti del destino.
Quelle notti sembravano interminabili
solo perché nascondevano il giorno dentro ore buie.
Ma il sole non si è mai fermato davanti alle lacrime di nessuno;
ti prende per mano e ti accompagna dentro un'altra storia.
Sono restato qui il tempo di un respiro,
appoggiato ad un muro di pietra alla periferia dei ricordi,
con gli ultimi spiccioli di elemosina nella mano
che spenderò domani per un caffè.
Ho paura ancora,
come sempre,
di svegliarmi ancora
e non saper rinunciare alla vita.
Hai ancora lo stesso nome,
lo stesso profumo,
la stessa voce,
lo stesso coltello che taglia il tempo?
Ero in viaggio per il nirvana,
ma non volevo arrivare troppo tardi a casa:
sarebbe stato imperdonabile morire per strada.

Zoccole (il mio contributo al V2-Day)

Bellissimo!

23 febbraio 2008

Troppo lontano


Sono andato troppo lontano,
così lontano da non vedere i suoi occhi,
da non sentire il suo respiro.
Il mio nome scritto sopra il muro
è sbiadito nel silenzio.
Troppo lontano dalle stagioni
che regalavano frutti abbondanti
e passi leggeri.
Troppo lontano da tutti.
Nascosto dietro alla libertà,
ascolto gli insulti dell'anima
ferita dall'indifferenza.
Mille schegge di mille specchi
si spartiscono la mia verità.

14 febbraio 2008

DRAY MATONES


DRAY MATONES

A mol, mit yorn un doyres tsurik, iz ergets nifter gevorn a Yid.
Meyle? A Yid iz nifter gevorn – eybik lebn ken men nit – tut men im zayn rekht, brengt men im tsu kvures Yisroel. Nokh stimes ha-goylel – der yosem zogt kadish – flit di neshom aroyf tsum mishpet, tsum bes-din shel male.
Kumt zi aroyf, hengt shoyn dort farn bes-din di vog, oyf velkher men vegt di aveyres un di mitsves.
Kumt dem bar-minens saneyger, zayn gevezener yeytser-tov, un shtelt zikh, mit a klor vays zekl vi shney in der hant, bay der vogshol fun der rekhter zayt.
Kumt dem bar-minens kateyger, zayn gevezener yeytser-hore, un shtelt zikh, mit a koytik zekl in der hant, bay der vogshol oyf der linker zayt.
In vaysn klorn zekl zenen mitsves, in brudik-shvartsn zekl aveyres,
Shit der saneyger fun shney-vaysn zekl oyf der vogshol fun der rekhter zayt mitsves, shmekn zey vi parfumes uun laykhtn vi shterndlekh in himl.
Shit der kateyger fun brudikn zekl oyf der vogshol fun der linker hant aveyres, zenen zey shvarts vi koyl un a reyakh hobn zey -samerodne pekh un smole.
Di vogsholn heybn zikh pamelekh, aroyf un arop, a mol di, a mol yene.
Der yeytser-tov, vi der yeytser-hore, dreyen oys di zeklekh kapóyr: nitó mer! Un demlt geyt der shames tsu tsum tsingl zen, vi es hot zikh opgeshtelt, rekhts tsi links.
Kumt er un kukt azóy, un zet azóyns, vos iz nokh nit geshen zint himl un erd zenen bashaft gevorn.
Dos tsingl shteyt in samerodne mit -oyf der hor!

TRE DONI

Una volta, generazioni e generazioni fa, da qualche parte morì un Ebreo.
Ahimé! Era morto un Ebreo – nessuno può vivere per sempre – , e fecero per lui quel che conveniva: gli fecero un funerale ebraico.
Dopo che la tomba fu riempita e l'orfano ebbe detto il « kaddish », l'anima vola in cielo per il giudizio alla Corte dei Cieli.
Quando arriva, la bilancia sulla quale i peccati e le buone azioni sono pesate sta sempre davanti alla Corte.
L'avvocato difensore del morto, un tempo il suo spirito benigno, arriva e prende posto alla destra della bilancia, con in mano una bisaccia candida come la neve.
L'accusatore del morto, un tempo il suo spirito maligno, arriva e prende posto alla sinistra della bilancia, con in mano una bisaccia sporca.
Nella bisaccia bianca e pulita ci sono le buone azioni, in quella nera e sporca ci sono i peccati.
Quando il difensore, dalla destra, versa le buone azioni fuori dalla bisaccia candida sulla bilancia, esse emanano un buon profumo e risplendono come piccole stelle nel cielo.
Quando l'accusatore, dalla sinistra, versa i peccati fuori dalla bisaccia sporca, essi sono neri come il carbone ed emanano un odore proprio come quello della pece o del catrame.
I piatti della bilancia si muovono lentamente, su e giù, ora uno, ora l'altro.
Lo spirito benigno e quello maligno rovesciano le bisacce: non c'è più niente! E allora l'usciere va verso l'ago della bilancia per vedere dove pende, se a destra o a sinistra.
Arriva e guarda, e vede una cosa che non era mai stata vista da quando erano stati creati la Terra e i Cieli.
L'ago sta esattamente nel mezzo, [senza pendere] di un capello.

01 febbraio 2008

Prendi solo la notte


Di quel nulla che sono,
prendi solo la notte
per avvolgere i tuoi fianchi;
l'ultima onda lambisce la speranza.
Ogni tanto scende l'autunno
e racconta di estati
dove era bello fermarsi a guardare
la terra alzata dalle mani dell'uomo.
Forse sotto la neve hanno scritto
il nuovo nome del domani.
Appoggio i piedi sulle radici di un ulivo
mentre attendo un vento che mi pieghi;
e ti scriverò perché rido e da solo
raccolgo gli ultimi clangori dei miei giorni.
Cigolava l'armatura dentro me,
e la ruggine ha macchiato il tempo
e le promesse.

24 gennaio 2008

Nuova luce


Parlo al mondo,
ascolto i suoi gemiti
con le mani sugli occhi.
Ma ora che tutto si spegne
il freddo scrive sulla mia schiena
le ultime poesie del giorno.
I fianchi che muovono a danza
hanno lasciato spazio alla nuova luce.
Una nuova danza per una vecchia solitudine.

31 dicembre 2007

ERRORI ED ORRORI



Ieri
mi sono smarrito
tra le sottili pieghe di un dubbio
che ha lasciato la mia virtù
tra la violenza dei miei sbagli.
Ricordo l'orrore,
lo spento desiderio
di ripeterli ancora
e di seguire il mio iniquo mentire
per seppellire nomi e memorie,
regalare un sogno agli anni morti,
ai viaggi mai intrapresi.
Riempio i diari con bugie che non leggo mai;
lasciami morire da solo,
accanto alle tue accuse.
Ricordo ancora:
eri nuda tra le mie parole,
sdraiata nel palmo della mia mano,
col sorriso riflesso
sulle lamiere verniciate
della luna.
Quante domande da fare alla vita
senza più il tempo di aspettare.

23 dicembre 2007

I campi di cotone

Forse non c'è mai nulla
che valga la pena di essere vissuto.
Avrei voglia di trovare un luogo dove sorridere,
dove sapere di essere a casa,
dove le pietre hanno un nome
uguale al mio
e i girasoli non chinano il capo.
I palmi delle mani
che si feriscono
perché accarezzo solitudine
e tristezza,
quando il nome dei giorni
parlano dei miei fiori
e delle mie notti.
Vorrei mani da pianista
per suonare le giuste parole
e non dover essere dolce quando
sto baciando con la lingua la morte.
Il gusto di tutto è sempre
tra i campi di cotone;
sai come sono i campi di cotone?
Sono neve d'estate che costa
sangue e fatica.
Poso i piedi sopra una terra
che ha vomitato tutto di me:
lasciami essere triste,
ho cosi poche doti nella gioia che
ho imparato a piangere parole.
Il mio capitano, dentro lo stomaco,
conosce tutte le rotte,
i fiumi più limacciosi
e il luogo dove dormi.
Non girare la pagina del mio piccolo
dolore.

18 dicembre 2007

Navi in rada


La nostra sciocca vanità
lascia solo moribondi pensieri,
arenati tra le anse della realtà,
affascinati da lingue disperate.
Abbiamo, nascosti nella carne,
i silenzi, le angosce , i desideri
e gli schiaffi della vita
che ci parlano nella notte.
Cerchiamo l'ultimo luogo
dove custodire paure e sospiri
per non dover spiegare più nulla,
nemmeno l'amore rubato,
nemmeno la solitudine.
E mi vedo scendere giù,
verso il porto a baciare le
navi in rada
pronte a partire
per un'altra guerra.
Mancherà sempre l'ultimo saluto
lanciato dalla banchina,
mancherà sempre
qualcuno che pianga per noi.

23 novembre 2007

Poche note

La vita stona,
non ha mai note giuste.

Ha sussurrato qualcosa
mentre correvo per prendere
la tua mano.

Spezzami i polsi
se non scrivo che ti amo.

Ma le insegnerò a cantare
prima che si dimentichi di me,
prima di dimenticare te.

19 novembre 2007

Un lungo viaggio


Ancora un giorno.

Una sorta di timore misto a tristezza lo aveva pervaso nei giorni precedenti.

Lauro continuava a dargli consigli e indicazioni e aveva scritto per lui una piccola agenda piena di indirizzi e nomi da usare in caso di bisogno. Per l'ultima volta Basilio prese da sotto il letto la vecchia scatola da scarpe e la appoggiò sulle gambe. Le lettere era tenute insieme da un fiocco di carta dorata. Decine di lettere, tutte con la stessa calligrafia, tutte con la stessa frase d'inizio: " Adorato amore mio".

Sciogliendo quel fiocco sapeva che avrebbe attraversato ancora una volta tutta una vita.

Lauro guardava in silenzio Basilio, mentre tremante apriva quella busta, aspettando ancora una volta di vedere gli occhi del suo compagno riempirsi di tristezza.

Basilio ormai conosceva a memoria ogni parola, ogni virgola di quella ultima lettera. Poche righe con il solito inizio, una promessa e una data:

" 17 ottobre 1949

Adorato amore mio,

tra tre giorni sarò in viaggio per venire finalmente da te. Non faccio altro che pensare al momento nel quale potrò riabbracciarti. Ho già pronto tutto quello che ti devo portare, compreso il mio amore per il quale non esiste valigia cosi grande da poterlo contenere!

Non ti scriverò altro perché voglio dirti tutto guardandoti negli occhi. A presto amore mio, ti amo.

Tua per sempre, Anita."

Richiuse con i soliti precisi gesti la lettere e ordinatamente ripose la busta nella scatola da scarpe.

Domani si sarebbero salutati forse per l'ultima volta e presto qualcun altro avrebbe preso il posto di Basilio.

Il mattino dopo pioveva ed il vento spingeva le onde sul pontile di attracco. Tutto sembrava come quel giorno di 20 anni prima. E come quel giorno, lui era li, che aspettava il traghetto.

Ancora una volta si girò a guardare il faro, abbracciò forte il suo compagno e gli disse: "Questa volta il traghetto è arrivato. Lascio qui il mio cuore ad aspettare Anita."

Il faro diventava sempre più piccolo, Lauro ormai non era che un puntino che muoveva le braccia. E lì, in mezzo al mare, dove la sua Anita riposava, sciolse il fiocco di carta dorata e lasciò portare via dal vento tutte le lettere e tutte le lacrime.

Lauro fu chiamato alcuni giorni più tardi a terra per riconoscere nel corpo dell'uomo caduto dal traghetto il suo compagno Basilio.

Un lungo viaggio era finito.