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14 febbraio 2008

DRAY MATONES


DRAY MATONES

A mol, mit yorn un doyres tsurik, iz ergets nifter gevorn a Yid.
Meyle? A Yid iz nifter gevorn – eybik lebn ken men nit – tut men im zayn rekht, brengt men im tsu kvures Yisroel. Nokh stimes ha-goylel – der yosem zogt kadish – flit di neshom aroyf tsum mishpet, tsum bes-din shel male.
Kumt zi aroyf, hengt shoyn dort farn bes-din di vog, oyf velkher men vegt di aveyres un di mitsves.
Kumt dem bar-minens saneyger, zayn gevezener yeytser-tov, un shtelt zikh, mit a klor vays zekl vi shney in der hant, bay der vogshol fun der rekhter zayt.
Kumt dem bar-minens kateyger, zayn gevezener yeytser-hore, un shtelt zikh, mit a koytik zekl in der hant, bay der vogshol oyf der linker zayt.
In vaysn klorn zekl zenen mitsves, in brudik-shvartsn zekl aveyres,
Shit der saneyger fun shney-vaysn zekl oyf der vogshol fun der rekhter zayt mitsves, shmekn zey vi parfumes uun laykhtn vi shterndlekh in himl.
Shit der kateyger fun brudikn zekl oyf der vogshol fun der linker hant aveyres, zenen zey shvarts vi koyl un a reyakh hobn zey -samerodne pekh un smole.
Di vogsholn heybn zikh pamelekh, aroyf un arop, a mol di, a mol yene.
Der yeytser-tov, vi der yeytser-hore, dreyen oys di zeklekh kapóyr: nitó mer! Un demlt geyt der shames tsu tsum tsingl zen, vi es hot zikh opgeshtelt, rekhts tsi links.
Kumt er un kukt azóy, un zet azóyns, vos iz nokh nit geshen zint himl un erd zenen bashaft gevorn.
Dos tsingl shteyt in samerodne mit -oyf der hor!

TRE DONI

Una volta, generazioni e generazioni fa, da qualche parte morì un Ebreo.
Ahimé! Era morto un Ebreo – nessuno può vivere per sempre – , e fecero per lui quel che conveniva: gli fecero un funerale ebraico.
Dopo che la tomba fu riempita e l'orfano ebbe detto il « kaddish », l'anima vola in cielo per il giudizio alla Corte dei Cieli.
Quando arriva, la bilancia sulla quale i peccati e le buone azioni sono pesate sta sempre davanti alla Corte.
L'avvocato difensore del morto, un tempo il suo spirito benigno, arriva e prende posto alla destra della bilancia, con in mano una bisaccia candida come la neve.
L'accusatore del morto, un tempo il suo spirito maligno, arriva e prende posto alla sinistra della bilancia, con in mano una bisaccia sporca.
Nella bisaccia bianca e pulita ci sono le buone azioni, in quella nera e sporca ci sono i peccati.
Quando il difensore, dalla destra, versa le buone azioni fuori dalla bisaccia candida sulla bilancia, esse emanano un buon profumo e risplendono come piccole stelle nel cielo.
Quando l'accusatore, dalla sinistra, versa i peccati fuori dalla bisaccia sporca, essi sono neri come il carbone ed emanano un odore proprio come quello della pece o del catrame.
I piatti della bilancia si muovono lentamente, su e giù, ora uno, ora l'altro.
Lo spirito benigno e quello maligno rovesciano le bisacce: non c'è più niente! E allora l'usciere va verso l'ago della bilancia per vedere dove pende, se a destra o a sinistra.
Arriva e guarda, e vede una cosa che non era mai stata vista da quando erano stati creati la Terra e i Cieli.
L'ago sta esattamente nel mezzo, [senza pendere] di un capello.

01 febbraio 2008

Prendi solo la notte


Di quel nulla che sono,
prendi solo la notte
per avvolgere i tuoi fianchi;
l'ultima onda lambisce la speranza.
Ogni tanto scende l'autunno
e racconta di estati
dove era bello fermarsi a guardare
la terra alzata dalle mani dell'uomo.
Forse sotto la neve hanno scritto
il nuovo nome del domani.
Appoggio i piedi sulle radici di un ulivo
mentre attendo un vento che mi pieghi;
e ti scriverò perché rido e da solo
raccolgo gli ultimi clangori dei miei giorni.
Cigolava l'armatura dentro me,
e la ruggine ha macchiato il tempo
e le promesse.

24 gennaio 2008

Nuova luce


Parlo al mondo,
ascolto i suoi gemiti
con le mani sugli occhi.
Ma ora che tutto si spegne
il freddo scrive sulla mia schiena
le ultime poesie del giorno.
I fianchi che muovono a danza
hanno lasciato spazio alla nuova luce.
Una nuova danza per una vecchia solitudine.

31 dicembre 2007

ERRORI ED ORRORI



Ieri
mi sono smarrito
tra le sottili pieghe di un dubbio
che ha lasciato la mia virtù
tra la violenza dei miei sbagli.
Ricordo l'orrore,
lo spento desiderio
di ripeterli ancora
e di seguire il mio iniquo mentire
per seppellire nomi e memorie,
regalare un sogno agli anni morti,
ai viaggi mai intrapresi.
Riempio i diari con bugie che non leggo mai;
lasciami morire da solo,
accanto alle tue accuse.
Ricordo ancora:
eri nuda tra le mie parole,
sdraiata nel palmo della mia mano,
col sorriso riflesso
sulle lamiere verniciate
della luna.
Quante domande da fare alla vita
senza più il tempo di aspettare.

23 dicembre 2007

I campi di cotone

Forse non c'è mai nulla
che valga la pena di essere vissuto.
Avrei voglia di trovare un luogo dove sorridere,
dove sapere di essere a casa,
dove le pietre hanno un nome
uguale al mio
e i girasoli non chinano il capo.
I palmi delle mani
che si feriscono
perché accarezzo solitudine
e tristezza,
quando il nome dei giorni
parlano dei miei fiori
e delle mie notti.
Vorrei mani da pianista
per suonare le giuste parole
e non dover essere dolce quando
sto baciando con la lingua la morte.
Il gusto di tutto è sempre
tra i campi di cotone;
sai come sono i campi di cotone?
Sono neve d'estate che costa
sangue e fatica.
Poso i piedi sopra una terra
che ha vomitato tutto di me:
lasciami essere triste,
ho cosi poche doti nella gioia che
ho imparato a piangere parole.
Il mio capitano, dentro lo stomaco,
conosce tutte le rotte,
i fiumi più limacciosi
e il luogo dove dormi.
Non girare la pagina del mio piccolo
dolore.

18 dicembre 2007

Navi in rada


La nostra sciocca vanità
lascia solo moribondi pensieri,
arenati tra le anse della realtà,
affascinati da lingue disperate.
Abbiamo, nascosti nella carne,
i silenzi, le angosce , i desideri
e gli schiaffi della vita
che ci parlano nella notte.
Cerchiamo l'ultimo luogo
dove custodire paure e sospiri
per non dover spiegare più nulla,
nemmeno l'amore rubato,
nemmeno la solitudine.
E mi vedo scendere giù,
verso il porto a baciare le
navi in rada
pronte a partire
per un'altra guerra.
Mancherà sempre l'ultimo saluto
lanciato dalla banchina,
mancherà sempre
qualcuno che pianga per noi.

23 novembre 2007

Poche note

La vita stona,
non ha mai note giuste.

Ha sussurrato qualcosa
mentre correvo per prendere
la tua mano.

Spezzami i polsi
se non scrivo che ti amo.

Ma le insegnerò a cantare
prima che si dimentichi di me,
prima di dimenticare te.

19 novembre 2007

Un lungo viaggio


Ancora un giorno.

Una sorta di timore misto a tristezza lo aveva pervaso nei giorni precedenti.

Lauro continuava a dargli consigli e indicazioni e aveva scritto per lui una piccola agenda piena di indirizzi e nomi da usare in caso di bisogno. Per l'ultima volta Basilio prese da sotto il letto la vecchia scatola da scarpe e la appoggiò sulle gambe. Le lettere era tenute insieme da un fiocco di carta dorata. Decine di lettere, tutte con la stessa calligrafia, tutte con la stessa frase d'inizio: " Adorato amore mio".

Sciogliendo quel fiocco sapeva che avrebbe attraversato ancora una volta tutta una vita.

Lauro guardava in silenzio Basilio, mentre tremante apriva quella busta, aspettando ancora una volta di vedere gli occhi del suo compagno riempirsi di tristezza.

Basilio ormai conosceva a memoria ogni parola, ogni virgola di quella ultima lettera. Poche righe con il solito inizio, una promessa e una data:

" 17 ottobre 1949

Adorato amore mio,

tra tre giorni sarò in viaggio per venire finalmente da te. Non faccio altro che pensare al momento nel quale potrò riabbracciarti. Ho già pronto tutto quello che ti devo portare, compreso il mio amore per il quale non esiste valigia cosi grande da poterlo contenere!

Non ti scriverò altro perché voglio dirti tutto guardandoti negli occhi. A presto amore mio, ti amo.

Tua per sempre, Anita."

Richiuse con i soliti precisi gesti la lettere e ordinatamente ripose la busta nella scatola da scarpe.

Domani si sarebbero salutati forse per l'ultima volta e presto qualcun altro avrebbe preso il posto di Basilio.

Il mattino dopo pioveva ed il vento spingeva le onde sul pontile di attracco. Tutto sembrava come quel giorno di 20 anni prima. E come quel giorno, lui era li, che aspettava il traghetto.

Ancora una volta si girò a guardare il faro, abbracciò forte il suo compagno e gli disse: "Questa volta il traghetto è arrivato. Lascio qui il mio cuore ad aspettare Anita."

Il faro diventava sempre più piccolo, Lauro ormai non era che un puntino che muoveva le braccia. E lì, in mezzo al mare, dove la sua Anita riposava, sciolse il fiocco di carta dorata e lasciò portare via dal vento tutte le lettere e tutte le lacrime.

Lauro fu chiamato alcuni giorni più tardi a terra per riconoscere nel corpo dell'uomo caduto dal traghetto il suo compagno Basilio.

Un lungo viaggio era finito.

17 ottobre 2007

Lingue e coltelli

Ho dimenticato tutto
dentro un grido di guerra.
C'erano i nomi dei giorni,
qualche unghia smaltata,
una promessa scaduta.
Forse c'eri anche tu,
ma non mi crederai mai
quando ti dirò
che ho portato il mio fiato
sulle pietre a morire
per non sentire
il gocciolio dei pensieri
che si sciolgono dentro
l'inchiostro,
sui miei appunti,
nella mia voce.

Crescono troppo in fretta
i germogli di questa vita
che non riesco più a comprendere
e mi spaventano parole così dure
sopra labbra così belle.
Lingue e coltelli
sanno solo tagliare.











13 ottobre 2007

Avrei scritto una canzone


Abbiamo vissuto
dentro lo spazio chiuso
di numeri in cerchio,
troppe volte sfiorati
dal tempo che muore.
Sopra un muro di sospiri,
il silenzio ha imparato
a scrivere i miei baci
e la tua noia.
Cerca il posto
all'angolo di questa storia
dove affittano i miei occhi,
le istruzioni per l'uso
e una nuova canzone
per commuoversi un po'.
Ogni tanto
la strada profuma di ritorni
e di biglietti scaduti
che portano solo in dimenticati luoghi,
in consuete lacrime.
Io avrei scritto una canzone.






11 ottobre 2007


Dall'autobiografia di Raffale Viviani,


"...Pecché nun ce steveno soldi. (pausa) Quanno s'avev'a scavà venette 'o terrasantiere 'a casa a ce avvertì. Nuje pregaiemo e fa stà a papà n'atu ppoco sott'o turreno, cu a speranza,sempe, 'e lle puté accattà 'nu fuosso;metterce 'na croce, 'nu nomme scritto 'ncoppa comme a 'nu cristiano... Tutto inutile: a rimando a rimando, passaieno tre anne e miezo. (pausa) Ll'uldema vota ca venette 'o terrasantiere 'a casa, stevemo 'a duje juorne diune... «Io l'aggìa scavà pe fforza» dicette. «E si nun tenite 'e sorde, io l'aggìa menà mmiezo a ll'ate». «Menatelo addo vulite vuje !». Rispunnette io. «Sempe meglio e nuje stà». (Pausa) A miseria nun te fa capì niente cchiù ! S'addiventa n'incosciente. "

01 ottobre 2007

Il tuo tempo

Prendi il tuo tempo,
posalo accanto al mio giorno
e così,
mentre bevi con le mani
l'ultima goccia della mia storia,
ti ringrazierò
per le tue lunghe dita
e per l'ultima cena.
Un cuore vuoto
pesa più di una pietra,
un lungo silenzio
rende sordi alla vita.
Resta con me il tempo
di pentirmi di ogni sogno.
Hai già ascoltato tutto di me.

















30 settembre 2007

Il viale della virtù

Mi assolve il silenzio,
chinando il capo in
questo fiume di cervelli
e idee
dove i colori sono accesi,
le vite solcano la storia,
i nomi fanno esitare la lingua,
e sbagliare è gesto,
parola,
pensiero.
Respirare dove l'errore
diventa la virtù
e l'espressione è il traguardo.
Percorro
il viale della vanità,
senza avere un nome,
tradisco le attese
nascondendomi
in un'isola senza faro,
dove naufraga la solitudine.

22 settembre 2007

Con la mano aperta

Che cosa farò
di tutto questo
silenzio,
in quel lento cielo che piange,
dietro le nuvole che hai perduto?
Con la mano aperta
attendo la pietà
e occhi da guardare.

Vorrei essere forza e pietra,
il nuovo cuore del tempo,
l'ultima notte col nostro nome,
il passo che si allontana.
il sonno senza respiro,
le mani dentro le tasche,
la risposta sulla lingua,
il salto nel buio.

Come fai senza me?
Vivo dentro storie antiche,
che sanno di asfalto,
con la leggerezza di una nenia
ripetuta sulla pelle.
Sollevo ogni giorno macigni,
che mi fanno sputare il mondo
per poter comprare pensieri
che nessuno usa più.

Che cosa farò
di tutto questo rumore,
senza le tue morbide mani
che accarezzavano
i miei peccati?

Luoghi da amare


I luoghi da amare
sono templi
d' immutata bellezza,
costruiti per noi
dai giorni di gioia.
A che serve rincorrersi
nascondendosi tra le braccia
del piacere,
quando i pensieri
sono più forti di un esercito.






17 settembre 2007

Dentro agli occhi

Quali ragioni
posso ancora trovare
nello spazio di un milione di anni.
Dovrei avere il mio tempo
e il tuo desiderio
per ordinare
ogni singola maledizione,
ogni nuova parola.
Ma la notte non esiste più,
lascia segni
troppo lontani dalla vita,
e mi parla sempre di te.

24 agosto 2007

Morte di un cavaliere


La sacrosanta verità

sulla corazza di ferro

del nostro campione,

il suo giusto respiro

e la sua fulgida morte

raccolta col sangue

dentro mani pietose.

Adoro il pensiero

di una superba vita

col profumo

di passate sconfitte,

con le lacrime

ferme sul cuore.


16 agosto 2007

Alla fermata del bus


Sei lì,

ferma senza sguardo,

pensieri e auto ti passano accanto,

con milioni di visi

che non aspetti,

non cerchi.

Ed io,

inutile ed invisibile

muoio dentro i tuoi occhi

che leggono l'orario del bus.






14 agosto 2007

Vecchi alberghi


Dietro a un muro di vetro,


osservi i miei movimenti


e non respiri per non appannarlo.


L'ipocrisia del silenzio


indurisce il cuore,


spegne il futuro.


Viaggiamo tutti in una sola direzione,


senza il pensiero della notte.


Lasciami un posto


sotto le foglie della gioia


dove la mia farsa continua.


Diventeremo come vecchi alberghi


dai colori stanchi,


con le finestre chiuse,


abitati solo da gabbiani.



12 agosto 2007

Nella notte


Aggrappati a me,
al mio nudo corpo,
dove si bagna la luna
e racconta il suo mondo.

Qui riconosco la luce,
dai rami del dolore raccolta,
dai passi della solitudine trafitta.