Non capisco se sono stanco o se mi stancano gli altri. Cercare risposte è un gran bel mestiere ma devi avere pronte le giuste domande. Ma, soprattutto, bisogna sapere a chi farle.
Voi avete risposte?
Ho cucito le tasche
per non portare
il tuo nome con me.
Il rovente piacere
di incontrare il dolore .
Leggerò ancora quella lettera
che non hai mai scritta,
che ha lastricato l'inferno.
Se esiste un domani con il sole
vorrei esserci anche io.
Lento il respiro riprese a segnare il tempo in me e rialzai lo sguardo. Era sempre lì, tra le mie labbra e i miei pensieri che mi chiedeva di parlare e mi tormentava con le sue domande. Voleva sapere. Ma c'erano state troppe cose, c’erano stati tutti quegli anni prima. Anni riempiti da migliaia di visi di persone che mi erano passate davanti, lasciando il più delle volte solo una immagine dai contorni vaghi, qualche parola che non ricordo, forse profumi, un odore. E poi i nomi. Quelli se ne erano andati e venuti, si erano accavallati nelle agende e nella memoria e il più delle volte non avevano evocato altro che un momento o la promessa mai mantenuta di rivederci ancora una volta.
Tutti quegli anni erano passati spalmandomi sulla pelle l’invisibile tratto di un pensiero che muta, lentamente e inesorabilmente. Anni, che giorno dopo giorno avevano spostato le pedine di un gioco indecifrabile, deformato e piegato le trincee delle paure e dei tabù. Mi sentivo come Giano bifronte, capace di vedere le cose da ogni punto di vista e in grado di giustificare sia il bene che il male, ma soprattutto in grado di dare un alibi ad ogni mio errore.
Si trattava adesso di passare in rassegna tutti i miei difetti, senza fermarsi davanti agli specchi ingannatori dell’ipocrisia, enunciare tutti gli errori, tagliarsi le mani con le occasioni mancate e
spegnere gli ultimi focolai del desiderio d’amore.
I passi da fare per arrivare alla fine della mia esistenza li potevo contare con buona approssimazione sopra il calendario della cucina; era uno di quei calendari con il numero del giorno scritto in rosso e che ricordo si usavano a scuola; tutti i giorni la maestra entrando incaricava qualcuno di noi a strappare il foglio di carta leggera, quasi una velina, per scoprire un nuovo giorno. Un gesto senza importanza, che mai avrei pensato di ritrovare sedimentato sotto milioni di pensieri, ma che continuava a perpetuarsi nel tempo, senza tregua, scavando sotto la coscienza e lasciando solo cicatrici.
Rimasi seduto lì, su quella pietra che dalla cima del monte dominava tutto, per molte ore, con il desiderio di vedere sprofondare tutto dentro un buco nero. Alle mie spalle sorgeva un santuario dedicato alla madonna, uno dei tanti sacrari appoggiati sulla sommità di lunghe salite; come se non fosse già abbastanza penoso il dover pregare c'era anche il bisogno di salire fin quassù per farlo.
Io non avevo bisogno di pregare, e non credo di averne mai sentito il desiderio. Non ho mai creduto in nulla che non fosse un qualcosa di tangibile. Il resto erano pensieri che nemmeno mi sfioravano....
Avevo cercato di capire il senso di quella giornata aspettandone la fine.
M'inerpicai lungo quella piccola stradina di acciottolato, quasi correndo per non avere il tempo per pensare, non in quel momento. Speravo mai più.
Quando il respiro si fece affannato ed il cuore cominciò a urlare, trovai il tempo per lasciare che il dolore arrivasse; la sua voce è sempre lenta, trascina le parole nella bocca e poi te le scaglia nel cuore. Non volevo ascoltare le mie menzogne, e nemmeno le carezze che se ne erano andate via dalla mia pelle.
Si arriva a comprendere gli errori solo dopo averli commessi e quel giorno sarebbe stato un grande maestro per me.
Mi misi in ginocchio aspettando che le gambe cominciassero a farmi male; le mani appoggiavano sull'acciottolato, la testa chinata in avanti e sentivo il sudore attraversarmi il viso fino a sporgersi dal mento e cadere sul terreno; guardavo quelle piccole gocce sbattere a terra con cadenza quasi regolare e non riuscivo a pensare ad altro che non fosse una maledizione.
Su per quella strada cercavo qualcosa che sapevo non avrei mai cercato. Avevo gettato via un altro altro sogno, il più dolce, il più grande, il più vero.
Le salite sono anche discese, hanno percorsi uguali e speranze e prospettive diverse.
Rimasi lì, come in preghiera, ripetendo sottovoce un nome, che si confondeva con lo scirocco. Quel nome era l'unica verità che potessi raccontare, quel vento era il solo che potesse ascoltare i miei peccati.
Ora i conti sarebbero tornati, il danno fatto aveva un tempo, un nome, un luogo.
Non c'era altro che il tempo che passava e quel nome che bruciava le mie labbra. Avevo spazzato via la mia felicità dentro alla paura della pietà, nella vergogna di un passato senza nome, dentro l'ultimo briciolo di coraggio che avevo lasciato chiamare codardia.
Lento il respiro riprese a segnare il tempo in me e rialzai lo sguardo. Era sempre lì, tra le mie labbra e i miei pensieri che...()
Un vento caldo
penetra in me,
prosciuga il respiro,
taglia la pelle,
alimenta la sete.
E'un silenzioso vento
che trascina con sé
sabbia e braci
che mi renderanno sterile
e morta terra.
Una mano mi si posa sulla spalla,
una mano con gli artigli,
che germisce il mio silenzio.
E: Sì, non mi lamento. La salute per fortuna non manca e dicono che quando c’è quella c’è tutto.
U: Già, cosi dicono. Bene Erica, le dirò subito che si tratta di un colloquio informale : diciamo valutativo. Ho qui il suo curriculum e il suo stato di servizio presso la nostra azienda… (pausa)
Devo dire che l’ho trovato molto interessante…
E: interessante… in che senso?
U: In generale. Vedo qui, che lei lavora con noi da qualche anno… dunque vediamo.… Cinque anni…
E: E sette mesi.
U: Come dice?
E: Dicevo, 5 anni e sette mesi.
U… Ah sì… 5 anni e 7 mesi. (ridacchia) E’ molto precisa. Questa è una qualità molto importante nel suo lavoro.
E: Sì. Direi che è indispensabile.
U: Sì sì… vedo infatti che il suo rendimento è buono. Anzi, direi ottimo. Con uno stato di servizio del genere potrebbe aspirare a una migliore qualifica e ad un avanzamento di carriera. Penso sia interessante per lei… no?
E: …Sì, direi che sarebbe molto interessante. Del resto io mi trovo bene qui e un avanzamento di carriera sarebbe una bella soddisfazione personale.
U: (leggendo un foglio) Bene, bene… qui leggo anche che lei è sposata e ha due figli.
E: Sì. Sono ancora piccini.
U: Anni?
E: Prego?
U: Quanti anni hanno?
E: Ah, mi scusi, non avevo inteso. Il piccolo, Marco, ha 2 anni. Giulio, ne ha appena fatti 4.
U: Certo che sono un bell’impegno, il lavoro ed i figli, insieme.
E: Sì, è impegnativo ma è il destino delle donne che lavorano. Ma oltre all’ufficio e ai figli ci sono anche, la casa ed il marito.
U: Già… Se non sono indiscreto, le posso chiedere che lavoro fa suo marito?
E: E’ impiegato amministrativo anche lui. Sarebbe impensabile vivere con un solo stipendio.
U. Sì, certo. certo, con le spese che ci sono al giorno d’oggi, è difficile riuscire a vivere con un solo stipendio, soprattutto… se ci sono dei figli.
E: Eh si, sono una spesa continua. Un pozzo senza fondo!
U: Lei mi diceva che si trova bene qui, nella nostra Azienda e di conseguenza conta molto sulla sicurezza che questo impiego le offre, no?
E: Sì, naturalmente. Penso comunque di averlo anche dimostrato col mio lavoro.
U: Ma sicuro, non volevo dire certo il contrario. .Eppure qui, sulle sue note di servizio, c’è un piccolo neo…
E: Un piccolo neo? Cosa intende dire?
U: Ecco, vede, il suo capoufficio mi ha segnalato un episodio accaduto alcuni giorni addietro.
E: A quale episodio si riferisce? Non capisco…
U: mi riferisco al fatto che per una sua ingenuità abbiamo rischiato di perdere una commessa importante con l’estero…
E: Ah…
U: Lei sa di cosa sto parlando , vero? Ricorda?
E: Sì… penso di ricordare… Ma è stato un banalissimo errore al quale ho prontamente rimediato e…(interrompendola)
U: Sì…. so bene che lei stessa ha rimediato all’errore, ma comprende anche lei che non possiamo rischiare in futuro che la cosa si possa ripetere ancora…
E: Le assicuro che è la prima volta che mi succede una cosa del genere e come le ripeto ho subito rimediato e nessuno ne ha avuto danno!
U: Certo… ma questo mette una pregiudiziale sul suo curriculum e potrebbe essere un motivo per fermare le sue ambizioni di carriera o addirittura essere un motivo di licenziamento per giusta causa.
E: Li…cenzia…mento? Ma che sta dicendo?
U: Nulla, non si preoccupi. Le facevo notare quanto siano vicini l’inferno ed il paradiso, quanto sia sottile il confine tra il bene ed il male.
E: Faccio difficoltà a seguirla, mi perdoni...!
U: Voglio dire che a volte nella vita ci si trova davanti a scelte importanti e che sbagliare queste scelte può compromettere molte cose. Ad esempio il benessere della propria famiglia, la propria indipendenza e forse il futuro dei propri figli.
Viceversa la giusta scelta può dischiudere nuovi orizzonti per il momento lontani, come ad esempio, un avanzamento di carriera ed i conseguenti vantaggi economici con tutto ciò che ne consegue.
E: …mi vuole spiegare dove intende arrivare con questo discorso? Cosa intende dire con “scelta giusta o sbagliata”? Io non ritengo che il mio errore sia cosi grave da meritare una punizione e tanto meno un licenziamento! Spero solo lei stia scherzando, se no non credo di aver capito quale sia il significato di tutto il suo discorso.
U: Eppure non è così difficile, Erica… sarò più chiaro.
Facciamo l’ipotesi che lei rimanga senza lavoro. Sarebbe un disastro, non trova?
E: Sì …
U: viceversa se avesse una promozione sarebbe una bella cosa.
E: sì,… certo che sì.
U: Ebbene, nel momento in cui queste due cose dipendono da un piccolo particolare, come quella sua ingenuità sul lavoro, e dall’opinione e dalla decisione che una persona può prendere in merito all’accaduto, vede bene anche lei che le cose sono praticamente divise da un sottilissimo confine.
E: Mi devo preoccupare? Vuole dirmi che intendono licenziarmi?
U: potrebbe essere una eventualità nel caso che quel qualcuno decidesse per il sì.
E: (piangendo) Oh.. mio Dio! Nooo … perché? Io non merito questo… Ma chi è che decide ?
U: Su… non faccia così Erica. Si rilassi.. non pianga… Ora le dirò duo cose che potranno farle capire meglio le cose e darle modo di risolverle… insieme a me.
E: Oh, si, grazie! Mi aiuti la prego…
U: Certo che la aiuto… sono qui per questo. Tanto per cominciare le dirò che la persona che può decidere il suo avanzamento di carriera o il suo licenziamento è principalmente lei!
E: Io...? come sarebbe a dire?
U: Sarebbe a dire che, come già cercavo di spiegarle prima, sarà lei che dovrà scegliere il suo futuro prossimo.
E: Cosa devo scegliere? Ho paura di cominciare a capire…
U: Paura? Di cosa dovrebbe avere paura? La spaventa il fatto di dover decidere?
E: Per favore, si vuole spiegare...
U: Ehi, avanti, si calmi… va tutto bene.
E: tutto bene? Lei prima mi parla di licenziamenti, poi di promozioni e infine mi dice che tutto dipende da me! Io mi preoccupo invece! Eccome se mi preoccupo!
U: Erica, lei deve solo usare il buon senso e scegliere la via più sicura, più facile, più conveniente e , perché no, più piacevole!
E: E sarebbe?
U: Beh, mi aspetto da lei un qualcosa che ricambi la mia gentilezza nei suoi confronti…
E: quale gentilezza dovrei ricambiare?
U: Ecco: dal momento che io deciderò non solo di salvaguardare il suo posto di lavoro e di conseguenza il suo equilibrio economico familiare, e che oltre a ciò la proporrò per una promozione , sarebbe carino da parte sua che lei diventasse più gentile … con me.
E: cosa mi sta chiedendo? Oddio… non riesco a pensarci… mi sta chiedendo di…
U: Io non le sto chiedendo nulla! Sia chiaro! Io le sto solo facendo notare che è libera di scegliere il suo futuro. Se poi per ringraziarmi dei favori lei vorrà essermi grata in un modo diciamo più intimo io non farò altro che prenderne atto. Do ut des, dicevano gli antichi. Mi sembra una buona cosa.
E: La prego… non mi chieda questo!
U: Io non le chiedo nulla! Non lo ha ancora capito? Lei è libera di decidere per il meglio, senza nessuna costrizione. Le sembra che io le stia usando violenza?
E: … non so più cosa rispondere…
U: Vuole forse dirmi che io le ho chiesto qualcosa? Quando sarebbe avvenuto? Io le dico solo che lei può scegliere cosa fare.
E: La prego… non mi faccia questo…
U: Io non sto facendo nulla, è lei che sta facendo tutto. Se non pensa che i suoi figli e il suo lavoro, siano importanti , può sempre dire no, e uscire da quella porta così come è entrata. Nessuno la fermerà.
E: Cosa vorrebbe da me?
U: Io nulla… solo penso che sia dovuto un ringraziamento.
Eventualmente per parlare del sua futuro avanzamento di carriera, potrei invitarla a cena e poi andare nella mia casa di campagna , per stare tranquilli, definire gli accordi e sistemare i particolari delle sue future mansioni.
E: Mi ascolti, io credo che a questo punto mi resti solo se dire si o no ed in ogni caso, ne uscirò una donna sconfitta .
(Brano tratto dallo spettacolo "Le donne lo sanno" di Roberto Bani , in occasione della Festa della Donna del 2007)
06 giugno 2010
"Proprio come sceglierò la mia nave quando mi accingerò ad un viaggio, o la mia casa quando intenderò prendere una residenza, così sceglierò la mia morte quando mi accingerò ad abbandonare la vita."
Ho disegnato la morte sul muro
per ricordarmi quello che sono.
Ho ricordato i colori,
i suoni, i sapori.
L'assordante gusto del sangue.
Ancora una volta
regalo rancore e gelo.
Non esiste un perdono
per il mio nome.
Mi raggiunge il vuoto.
Sono attimi di beatitudine.
Lo sguardo non si posa,
segue la vita,
fluttua senza meta.
Non è felicità:
sono attimi
di completa solitudine.
Ieri il Senato ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (D.d..L. 733) tra gli altri con un emendamento del senatore Gianpiero D'Alia (UDC) identificato dall'articolo 50-bis: /Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet;
la prossima settimana Il testo approderà alla Camera diventando l'articolo nr. 60.
Il senatore Gianpiero D'Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al Governo e ciò la dice lunga sulla trasversalità del disegno liberticida della"Casta".
In pratica in base a questo emendamento se un qualunque cittadino dovesse invitare attraverso un blog a disobbedire (o a criticare?) ad una legge che ritiene ingiusta, i /providers/ dovranno bloccare il blog.
Questo provvedimento può far oscurare un sito ovunque si trovi, anche se all'estero; il Ministro dell'Interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può infatti disporre con proprio decreto l'interruzione della attività del blogger, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.
L'attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore; la violazione di tale obbligo comporta per i provider una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000.
Per i blogger è invece previsto il carcere da 1 a 5 anni per l'istigazione a delinquere e per l'apologia di reato oltre ad una pena ulteriore da 6 mesi a 5 anni perl'istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all'odio fra le classi sociali.
Con questa legge verrebbero immediatamente ripuliti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta!
In pratica il potere si sta dotando delle armi necessarie per bloccare in Italia Facebook, Youtube e *tutti i blog* che al momento rappresentano in Italia l'unica informazione non condizionata e/o censurata.
Vi ricordo che il nostro è l'unico Paese al mondo dove una /media company/ ha citato YouTube per danni chiedendo 500 milioni euro di risarcimento.
Il nome di questa /media company/, guarda caso, è Mediaset.
Quindi il Governo interviene per l'ennesima volta, in una materia che, del tutto incidentalmente, vede coinvolta un'impresa del Presidente del Consiglio in un conflitto giudiziario e d'interessi.
Dopo la proposta di legge Cassinelli e l'istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al "pacchetto sicurezza" di fatto rende esplicito il progetto del Governo di /normalizzare/ con leggi di repressione internet e tutto il istema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riesce a dominare.
Tra breve non dovremmo stupirci se la delazione verrà premiata con buoni spesa!
Mentre negli USA Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet in> Italia il governo si ispira per quanto riguarda la libertà di stampa alla Cina e alla Birmania.
Oggi gli unici media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati il blog Beppe Grillo e la rivista specializzata Punto Informatico.
Fate girare questa notizia il più possibile per cercare di svegliare le coscienze addormentate degli italiani perché dove non c'è libera informazione e diritto di critica il concetto di democrazia diventa un problema dialettico. documentazione diffusa dal
Coordinamento Provinciale Veronese degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani
c/o Provincia di Verona – Gruppi Consiliari via S.Maria Antica 1 37121 Verona
Consigliere/i: Allegri, Caldana, Campagnari, Rizzi.....Coord. tecnico: Andreoli,Ferrari,Velardita www.perlapace.it-www.scuoledipace.it – mail:entilocalipaceverona@alice.it– 335 8373877 335 8373877
Non riesco più a raccontare nulla senza essere preso per un folle visionario o semplicemente per bugiardo.
Le panchine sono i posti migliori per ricevere informazioni: Devono essere panchine non troppo appartate ma nemmeno troppo esposte. Devono essere in luoghi facilmente accessibili e dove si possa vedere tutto intorno, nell'eventualità servisse allontanarsi in fretta.Gli orari preferibili sono quelli di punta, dove gente si confonde con gente, dove tutti si vedono e nessuno ti nota. Vanno bene anche i parchi per bambini ma attenzione a non restare per troppo tempo soli, si rischia di venire notati. Loro sono puntuali e pretendono da te la puntualità: il tempo è prezioso e soprattutto il ritardo potrebbe essere letto come una possibile variazione di programma e quindi di pericolo.
Le cose da dire devono essere essenziali, concise e soprattutto devono essere tutte mandate a memoria. solo i documenti possono essere su file o carta ma non devono mai essere portati addosso. L'ubicazione degli stessi deve essere temporanea e limitrofa al luogo dell'incontro. Un luogo banale può essere quello giusto ma non deve essere facilmente accessibile o stimolante.
Internet non è mai il posto giusto. L'impossibilità di utilizzo dl algoritmi di codifica che non siano approvati metterebbero subito tutti in allarme e sarebbe pericoloso. Non si deve derogare mai da quelle che sono le più elementari indicazioni di sicurezza.
Si gioca ad ogni età, si gioca con giocattoli diversi ma si gioca sempre. In fondo rimaniamo sempre bambini. Cambia solo il peso specifico delle cose. E l'irreparabilità delle cose. Ma basta non voltarsi indietro e non farsi prendere da inutili sentimentalismi.
La strada era vuota, ricordava il mio cuore; piena di manifesti strappati che lasciavano leggere solo alcune frasi qua e la, spazzata da un vento caldo che portava il giro foglie e polvere. Sentivo ancora nella mano il peso del silenzio, il peso di quel giocattolo con la bocca reboante. Non riuscivo a scappare da nessuna parte; conoscono le tue paure e ti lasciano sempre un nome e un indirizzo dove confondere il dovere con la morte. Quel nome era scritto su un citofono, a penna, che la pioggia aveva fatto sbavare e diventare nebbia. Inutile cambiarlo: nessuno oltre me avrebbe mai suonato a quel campanello. Sopra, al primo piano di quel fatiscente palazzo che aveva visto giorni migliori, non mi attendeva nessun sorriso, nessun convenevole, solo domande precise che aspettano risposte fatte di monosillabi: risposte che si devono dare senza esitazioni, davanti ad occhi attenti al tuo sguardo e ad ogni piccolo silenzio inutile. Non esistevano domande comuni alle quali potersi preparare davanti ad uno specchio, non c'erano certezze o soluzioni: il gioco era sempre difficile e lento, fatto di movimenti controllati e accorti, una partita a scacchi dove non ci sono regole scritte: solo convenzioni e taciti accordi che il tempo ha mutato in leggi. Mi aprì la porta la solita persona che altre volte aveva coperto le ultime ore di quei giorni concitati. Seduta su un lurido divano di pelle c’era una ragazza che non avevo mai visto e che alzando lo sguardo accennò a qualcosa che poteva sembrare un sorriso. Era così bella che stonava con tutto il resto. L’unica domanda che mi venne alla mente era perché fosse lì. Il televisore era acceso e lei era in attesa, come se dovesse parlare con un oracolo. L’uomo mi consegno un portafogli con dentro del danaro, una patente, un documento d’identità e alcuni altri inutili biglietti: era l’ultima speranza, l’ultimo spiraglio di luce. La ragazza si alzò di colpo, mi venne vicino, pronunciò un nome, il suo, mi guardo fisso negli occhi mi consegno le chiavi di un’auto e mi disse di non dimenticare il suo viso. Presto l’avrei rivista.
Quando le cose cambiano non si sa mai se inizia qualcosa o se sta per finire.
Un vecchio muro sbiadito
mostra parole sconnesse
dove amanti perduti
hanno lasciato il loro nome.
Quanto dovrà correre la tua vita,
per ricordarsi di me,
che passo attraverso il tuo sguardo
che già si posa su nuovi sorrisi,
nuove lacrime?
Scrivi il mio nome
su un muro di ghiaccio,
scrivi per sempre
le tue promesse d'amore.
In una guerra fantasma, senza rumore, tra maledizioni e speranze, sono caduto. Occhi di un bimbo ingiustamente, nel buio, piangono la mia morte. Un eroe stanco di morire, che racconta la sua storia seduto in un giardino, dove i fiori non fanno domande, dove le donne, nel silenzio hanno imparato a sopportare gli addii. In una guerra fantasma, dove sempre qualcosa muore.
Tra i semafori di questa città, tra i vecchi e stanchi alberi dei suoi viali che conoscono solo caligine e rumore, tra le urla delle rotaie dei tram, oltre i tombini delle fogne, nel traffico di un giorno qualunque, lascia morire questo nostro amore. L'ho inventato per raggiungere un domani, l'ho costruito con le mani sanguinanti per poterci piangere sopra, ho comprato la sua lapide, ho scritto sopra i nostri nomi, ho consumato le ginocchia, le parole e le maledizioni. Ma tu, mettici almeno un fiore.
Sono un animale malato, senza pace nelle vene, che si aggira nudo dentro i tuoi pensieri dove attendi la mia morte. Inevitabile, un fossile nella roccia, un respiro d'agonia, un silente orgasmo lontano nel tempo. Annegherò dentro un dolore che non mi appartiene, senza coscienza, con un colpo, un estremo tremito dove ancora la notte finirà. La coscienza è una malattia.